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L'idea

“Non ci siamo arresi”. All'Europarlamento, Tikhanovskaya dice che per i bielorussi l'Europa è “casa”

Luciana Grosso

La leader dell'opposizione bielorussa, in esilio in Lituania, propone di firmare un memorandum per rendere formali le relazioni tra i democratici bielorussi e il Parlamento europeo in attesa che il disegno di Putin e Lukashenka fallisca

Strasburgo. Svjatlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa in esilio in Lituania, è entrata nell’aula del Parlamento europeo vestita di blu, il colore dell’Europa, e il blu del Parlamento europeo le ha dato il benvenuto (anzi, bentornato, visto che qui era già venuta nel 2021, un anno dopo aver vinto le elezioni che poi Aleksandr Lukashenka le ha scippato) con la voce della presidente, Roberta Metsola. Metsola ha avuto parole di ferma censura per il regime di Lukaschenka (“Quello che succede ogni giorno in Bielorussia è la negazione di tutto quello per cui è nata l’Europa”), ha chiesto il rilascio immediato dei più di 1.500 prigionieri politici (tra cui il marito di Tikhanovskaya, Sjarhej) e ha fatto una promessa: “Vi aiuteremo a tornare a casa”. “Casa” è la Bielorussia che Tikhanovskaya non vede da anni, ma anche l’Europa che ai bielorussi è preclusa dal regime.

Come e in che modo questo aiuto possa concretizzarsi è ancora poco chiaro, la strada da fare è molta, m quando l’oppressione finirà, i bielorussi potranno rivendicare il loro essere europei, e l’Europa il suo essere bielorussa. Nel suo discorso Tikhanovskaya lo ha detto chiaramente. “Per Putin e Lukashenka, l’Europa non è altro che un decadente castello di carta sul punto di collassare da un momento all’altro. Ma per noi, per le persone della Bielorussia, l’Europa è casa, è una famiglia che ci accoglie. E noi bielorussi, come gli ucraini, vogliamo essere parte di quella famiglia. Vogliamo tornare a casa. Vogliamo tornare in Europa – dice, usando, non a caso il verbo tornare, come se l’Europa fosse qualcosa a cui la Bielorussia è stata strappata – L’Europa è il posto da cui veniamo e verso cui ci dirigiamo. E’ nel nostro dna. Noi abbiamo scelto l’Europa secoli fa. E abbiamo confermato questa scelta con le elezioni del 2020. Solo all’interno dell’Europa la Bielorussia può sopravvivere come nazione e come stato, come paese libero e democratico”. 

Certo, sappiamo bene che volere l’Europa non è la stessa cosa che entrarci davvero. Non lo è mai. E lo è meno che mai se a volerlo è un gruppo di democratici in esilio da un paese sotto regime.

“Sappiamo che ci vorrà tempo. Sappiamo che non sarà facile, Ma non c’è alternativa. Per Putin e Lukashenka, un’Unione europea completa, che vada da Lisbona a Minsk, è un incubo. E questa è la ragione per cui Putin ha scatenato la sua guerra contro l’Ucraina. E questa è la ragione per cui controlla la Bielorussia” .

In attesa che il disegno di Tikhanovskaya si compia e che quello di Putin e Lukashenka fallisca, per chi è ostaggio del regime non resta che resistere. “Il nostro paese è teatro di una guerra silenziosa. In cui combattono eroi silenziosi: nelle fabbriche, nei ministeri, negli uffici, nelle scuole, nell’esercito. Insegnanti che si rifiutano di insegnare ‘l’ideologia di stato’. Dipendenti pubblici che fanno trapelare informazioni. Uomini d’affari che, di nascosto, fanno donazioni per le famiglie degli imprigionati. Pensionati che si riuniscono per leggere, insieme, la ‘stampa estremista’ e che mi hanno detto, prima che venissi qui, di’ agli europei che non ci siamo arresi. Eroi come Ales Pushkin, un famoso pittore che ha sventolato la bandiera europea di fronte a un cordone di polizia e che per questo è morto in prigione, accusato di nazismo. Eroi come mia figlia di sette anni, che quando mi chiede la paghetta, dice di voler risparmiare per comprare un tank e andare a liberare suo padre, mio marito, in prigione e del quale non abbiamo notizie da sei mesi”. 

Ma se la Bielorussia resiste e si ingegna, tocca all’Europa far sentire la sua voce e battere un colpo. “Sono venuta qui per chiedere al Parlamento europeo di sostenere la prospettiva europea delle Bielorussia. Vogliamo sentire da voi che le porte dell’Europa sono aperte. Vogliamo sentire da voi che la Bielorussia non sarà sacrificata a Putin, lasciandogliela come fosse un premio di consolazione”. 

Quindi è concretezza che Tikhanovskaya chiede, non solo affermazioni di vicinanza e solidarietà. Lo fa con realismo, ma con fermezza. “Chiediamo che i vostri gruppi parlamentari prendano posizione. Ciò aiuterebbe le persone a capire quello che stiamo facendo. Propongo di rendere formali le relazioni tra i democratici bielorussi e il Parlamento europeo. Firmiamo un memorandum tra noi. Facciamolo subito”. E subito è la richiesta chiave. Ma, probabilmente, quella alla quale, per l’Europa in attesa di riformare i suoi trattati, è più difficile rispondere.