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Al g20

Dove passano le rotte del grano studiate per fare a meno di Mosca

Micol Flammini

Guterres avrebbe proposto a Lavrov di tornare nell’accordo sui cereali a caro prezzo per Kyiv e per noi

Il G20 di Delhi sarà una delle ultime piattaforme in cui si tenterà una mediazione sul trasporto del grano attraverso il Mar Nero. Ieri il quotidiano tedesco Bild ha rivelato che il segretario generale dell’Onu António Guterres avrebbe mandato una lettera al ministro degli Esteri russo sergei Lavrov facendogli quattro proposte per riportare la Russia nella Black sea grain initiative, gli accordi sul grano che sono rimasti in vigore fino allo scorso luglio, quando Mosca ha deciso di non rinnovarli e ha iniziato una campagna di bombardamenti contro i porti ucraini e le infrastrutture in cui viene stipato il grano.

Nella lettera Guterres proporrebbe di togliere dalla lista degli istituti sanzionati la Banca agricola russa, di assicurare le navi russe dagli attacchi ucraini, di aiutare nel recupero dei capitali russi congelati e di far accedere le imbarcazioni russe che trasportano prodotti alimentari e fertilizzanti nei porti europei tramite un sistema rapido di autorizzazioni. La proposta di Guterres, secondo la Bild, sarebbe dunque quella di accontentare Mosca quasi in tutto, ignorando il fatto che il Cremlino, estorcendo concessioni così importanti vuole soltanto creare una crepa nella strategia di resistenza dei paesi occidentali. Gli accordi che hanno consentito il trasporto del grano sono fondamentali, la guerra russa ha acuito il rischio di una crisi alimentare, ma se si cede su questo ricatto si finirà poi con il cedere anche in altri campi. Per questo i paesi europei e gli Stati Uniti sembrano sempre meno convinti che Mosca tornerà nell’accordo e si sono messi alla ricerca di strade alternative, che consentano di trasportare i cereali senza ricatti.

Le rotte sono state tracciate, il trasporto marittimo rimane quello che consente di trasportare più tonnellate, il Mar Nero lambisce anche tre paesi che fanno parte dell’Alleanza atlantica e l’obiettivo è trovare il modo per condurre i mercantili carichi di cereali ucraini lungo la rotta più sicura, quindi a lambire le coste di Romania e Bulgaria per arrivare a Istanbul. Il punto è consentire il passaggio in sicurezza nelle acque ucraine, dove Mosca potrebbe colpire. L’idea di utilizzare il Danubio per far uscire il carico attraverso i porti romeni è tra le più sostenute, anche se Mosca si sta impegnando per colpire le infrastrutture dei porti fluviali ucraini. L’Unione europea ha attivato le linee della solidarietà, che però, anche se potenziate possono davvero coprire poco delle capacità di esportazione dell’Ucraina, mancano strutture e anche personale.

Quindi il mare rimane la soluzione migliore, l’attenzione maggiore è dedicata al potenziamento della rotta attraverso il Danubio, ma gli Stati Uniti stanno considerando tutte le potenziali opzioni, anche militari, per proteggere le navi. Il tempo stringe, tutto deve essere fatto entro ottobre, il mese più critico per i raccolti. L’Ucraina è stata privata di terre coltivabili, la Russia sta rubando il grano di Kyiv, l’idea di coltivare è rischiosa e inizia a esserci una certa preoccupazioni per la tendenza ad abbandonare i raccolti: tra persone al fronte, profughi e senso di instabilità, non tutti tornano a seminare. Se questo succede, il problema è globale. La mossa di Guterres serve ad accorciare i tempi di un accordo, ma è pericolosa e genera sfiducia nei confronti delle Nazioni Unite, che pure, assieme alla Turchia, avevano mediato la prima iniziativa sul grano, che la Russia non ha mai rispettato fino in fondo, spesso trattenendo navi con ispezioni pretestuose e rendendo più complesso l’approdo dei mercantili. Si era deciso di non badare a quei primi ricatti. Ora ne è arrivato un altro e l’alternativa di una coalizione di paesi è: trovare una soluzione senza la Russia.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.