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Un'altra transizione. Due interviste da incorniciare per salvarsi dall'ambientalismo demagogico

Claudio Cerasa

Oliver Zipse e Peter Huntsman, due manager che meriterebbero di essere messi in vetrina per tentare di fare un salto nel futuro contro la demagogia green e i soporiferi politici in versione Cernobbio

Al prossimo Cernobbio, per tentare di fare un salto nel futuro e occuparsi un po’ meno del nostro ombelico, come hanno fatto molti politici, e un po’ più del mondo che ci circonda, ci sono due manager da sballo che meriterebbero di essere messi in vetrina, per provare a ragionare senza pregiudizi su un problema che sarà al centro della campagna per le europee: le frontiere della demagogia green. Il primo manager si chiama Oliver Zipse. Zipse è amministratore delegato della Bmw e in un intervento pronunciato alla conferenza annuale della mobilità di Monaco (Iaa) ha invitato a riflettere su quanto “i piani dell’Unione europea per vietare i veicoli con motore a combustione stanno spingendo i produttori europei di auto più economiche in una guerra dei prezzi con i rivali cinesi che difficilmente riusciremo a vincere”.

Il ragionamento di Zipse è lineare: il segmento di mercato delle auto di base presto scomparirà, o non sarà più realizzato dai produttori europei, e le regolamentazioni europee, che puntano a vietare nel 2035 il motore endotermico, non sembrano voler tenere conto di due fattori. Primo: quanto la Cina negli ultimi quindici anni abbia creato un’industria di veicoli elettrici così forte da aver conquistato gran parte delle catene di forniture mondiali di batterie. Secondo: quanto sia grave non comprendere che introdurre dei divieti sull’auto a combustione, come cerca di fare l’Unione europea, senza offrire alternative valide a lungo termine rischia di soffocare la crescita di un’intera industria ad altissimo valore aggiunto. La critica del capo della Bmw non è sul merito della transizione ma sul metodo e Zipse si lamenta dell’approccio “monoteista” dell’Unione europea, che ha scelto di concentrarsi su una sola tecnologia (l’elettrico) invece che “sfruttare l’intera portata della forza innovativa di questo settore”. Quello di Zipse è un appello a favore della neutralità tecnologica – occupiamoci di trovare un modo per emettere meno CO2, ma non facciamolo contro i nostri interessi, non facciamolo facendoci guidare dall’ideologia ma facciamolo facendoci guidare dall’innovazione, dalla ricerca e dallo sviluppo.

E un altro formidabile intervento sul tema lo si trova all’interno di una formidabile intervista rilasciata qualche giorno fa al Wall Street Journal da Peter Huntsman, capo di una importante società multinazionale della chimica, che si è posto una domanda sconvolgente: perché così tanti capi azienda accettano le false premesse del catastrofismo sul riscaldamento globale? E perché i manager delle grandi aziende non fanno qualcosa per cavalcare un sano ottimismo climatico? Per esempio, dice Huntsman, potrebbero farlo ricordando che oggi gli Stati Uniti emettono lo stesso numero di tonnellate di CO2 che emettevano nel 1970, pur avendo un’economia trenta volte più grande. Per esempio, insiste ancora, potrebbero farlo facendo sapere che oggi per produrre dieci bottiglie di plastica utilizziamo la stessa quantità di plastica che dieci anni fa utilizzavamo per produrne una.

Scommettere sull’ottimismo climatico, dice Huntsman, non significa scommettere sulla negazione di un problema, ma significa scommettere sulla capacità di credere nella forza dell’uomo, nella sua capacità di innovare, di governare fenomeni complessi e di convivere anche con problemi strutturali. “Tutto – dice – dall’illuminazione alla vernice, al vetro, ai mobili, all’inchiostro su questa carta, tutto qui proviene dal petrolio o è temperato dal petrolio o alimentato da esso. E guardate, sono ansioso di andare oltre il petrolio, ma come lo faremo? Qual è il piano di gioco? E come possiamo farlo senza rovinare l’80 per cento più povero della popolazione mondiale, che cerca solo di farcela giorno dopo giorno?”. I veri nemici della scienza sono dunque quelli che usano la scienza per cavalcare un’ideologia, aggredire involontariamente il nostro benessere e giustificare sciaguratamente il catastrofismo. Una transizione senza demagogia è possibile. Basta solo volerla. E basta solo rivolgersi alle persone giuste.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.