"Floating Earth" dell'artista Luke Jerram (Foto di Christopher Furlong/Getty Images) 

Contro le ecoansie è l'ora di un ragionevole climate optimism

Claudio Cerasa

Non è vero che non stiamo facendo nulla, non è vero che non si può fare nulla. Anzi, sappiamo come evitare che le cose peggiorino e stiamo facendo progressi. Meno notizie catastrofiste non verificate, più dati. E bravo Serra contro la sinistra del pessimismo 

Gli eco-ansiogeni faranno piangere il mondo, gli eco-ottimisti invece lo salveranno. L’università di Harvard ha aperto sul suo sito una sezione interessante che consigliamo a Michele Serra (che venerdì scorso, su Repubblica, ha suggerito alla sinistra italiana di essere meno ostaggio del pessimismo). La sezione è gestita dalla “T. H. Chan School of Public Health”, la migliore scuola di salute pubblica al mondo, il titolo della sezione è già un manifesto politico. Prendete fiato e i sali e fate due passi in un mondo nuovo: il “climate optimism”. Di che si tratta? E’ la stessa università a spiegarlo in poche righe. “L’ottimismo climatico non riguarda il negare ciò che possiamo vedere con i nostri occhi o ignorare il nostro dolore per ciò che abbiamo perso. E’ capire che sappiamo come evitare che le cose peggiorino e che stiamo facendo progressi”. E così, per rispondere a questa esigenza, Harvard ha creato un palinsesto mensile di buone notizie legate al clima. Obiettivo: offrire “una boccata d’aria fresca, direttamente dalla pala di una turbina eolica”.

  
Un esempio? Eccolo. L’ultimo articolo postato nella sezione riporta alcune informazioni utili ai professionisti dell’ecoansia. Prima info, tratta da un post di Marcy Frank, una delle anime della sezione di Harvard: “Non è solo il cambiamento climatico a portare questo caldo, che è dovuto anche al Niño, un evento meteorologico che aumenta temporaneamente le temperature”.

  

Seconda informazione, tratta da un thread di Assaad W. Razzouk, un imprenditore libanese-britannico esperto in energia pulita: sapete che le energie verdi rinnovabili in tutto il mondo stanno crescendo a livelli pazzeschi? E sapete che l’energia solare in Texas ha impedito i blackout durante l’ultima ondata di caldo? E sapete che “in ogni area del sistema energetico, le persone sono alla ricerca di soluzioni per migliorare l’efficienza, ridurre le emissioni e ridurre i costi in tecnologia, design, finanza, modelli di business, comportamenti?”.

  

E sapete che “i costi per le principali tecnologie rinnovabili continueranno a scendere sulle curve di apprendimento; che il prezzo del solare, la fonte di energia più economica della storia, si dimezzerà entro il 2030?”. E lo sapevate che la Iea (International Energy Agency) lo scorso anno prevedeva che i veicoli elettrici sarebbero stati il 21 per cento entro il 2030 e quest’anno ha aggiornato il dato portandolo al 35 per cento?

   

L’ottimismo applicato alla transizione ecologica ha diversi effetti benefici. Aiuta a non sottostimare la capacità di adattamento dell’uomo anche a fronte di un problema reale. Aiuta a non sottostimare la capacità che ha l’uomo di scommettere sull’innovazione per affrontare problemi gravi ma non irrisolvibili. Aiuta a non pensare al futuro con le categorie tradizionali dei professionisti dell’ecoansia (“l’umanità è condannata”). E spinge i pessimisti e catastrofisti a uscire fuori dallo stato in cui si trovano oggi. Uno stato che li rende immobili, angosciati, che li fa sentire impotenti, inefficaci, e che gli impedisce di pensare a cosa fare per mitigare, con il proprio impegno, con l’impegno dell’uomo, il cambiamento climatico.

  

Praticare l’ottimismo climatico, ha scritto Rachel Lark, ricercatrice e anima di uno dei siti più citati dagli ottimisti di Harvard, environment.co, non significa voler ignorare la realtà: “Si tratta di rifocalizzare la conversazione sulla speranza e sulla trasformazione. L’ottimismo climatico è una componente necessaria per essere alleati nella difesa dell’ambiente, soprattutto quando si diffonde la verità, si rimane motivati, si incoraggiano più persone a fare una promessa al pianeta”. E quindi no: non è vero che non stiamo facendo nulla. Non è vero che non si può fare nulla. Non è vero che l’umanità è spacciata. Non è vero che il mondo va a scatafascio.

  

Ma basta tutto questo per combattere le ecoansie? Ad Harvard suggeriscono di disintossicarsi dalle cattive notizie. L’autrice del blog nota che “viviamo in un’era di massiccia azione per il clima, ma il nostro pregiudizio di negatività, i media e la disinformazione si mescolano per farci provare ugualmente un pervasivo senso di sventura. Ma la buona notizia è che possiamo sbirciare dietro il sipario per vedere come questi attori cospiratori offuschino la nostra visione del progresso climatico e, si spera, non vedremo mai più il cambiamento climatico allo stesso modo”. E nel riportare queste affermazioni, Harvard ha un consiglio di lettura: un testo scritto da Hannah Ritchie, vicedirettore e ricercatrice principale presso Our World in Data e ricercatrice presso l’Università di Oxford, sulla rivista on line Vox.com. “Dovremmo smettere di leggere costantemente le notizie drammatiche in modo ossessivo”, ha scritto Ritchie: “Ogni giorno vengo colpita da storie che riguardano l’ultimo uragano, un disastro legato all’alluvione, un caso di siccità o un terribile incendio. Il problema è che in realtà non sappiamo, quando leggiamo, se gli impatti di questi eventi stanno aumentando o diminuendo. Io stessa pensavo che più persone che mai stessero morendo a causa dei disastri, ma solo perché ho scambiato un aumento delle segnalazioni e il mio interesse per un aumento dei numeri. Quando ho guardato le statistiche a lungo termine mi sono resa conto che la mia percezione era capovolta. Le notizie non sono un barometro affidabile per lo stato generale del mondo. Ho scoperto che i pessimisti guardano solo alle notizie, mentre gli ottimisti guardano prima di tutto ai dati”.

   

Sconfiggere le ecoansie e i professionisti della catastrofe con l’ottimismo si può. A condizione di rinunciare a qualche clic in più. E a condizione di smetterla di offrire ai lettori una descrizione del mondo apocalittica, catastrofista, drammatica, allarmistica. Michele Serra, su Repubblica, venerdì scorso ha lanciato un’invettiva contro la sinistra del pessimismo. “Se la sinistra riuscisse a capire che la vera benzina della destra è la paura del domani magari riuscirebbe a riscoprire la propria identità e la propria funzione: non avere paura del futuro”. Non avere paura del futuro significa anche combattere le paure, senza alimentarle e mostrando la realtà. E’ il climate optimism, bellezza. Non è così male, no?

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.