Foto Epa, via Ansa

Perché il golpe in Gabon mette in difficoltà Macron

Mauro Zanon

Un altro paese della “Françafrique” è stato vittima di un colpo di stato. I militari hanno deposto il presidente Ali Bongo Ondimba, rieletto dopo le elezioni del 26 agosto. Gli avversari politici criticano il presidente francese

Parigi. Stanno cadendo uno dopo l’altro i leader africani con cui la Francia aveva un rapporto speciale per ragioni storiche, politiche ed economiche. Dopo Mali, Burkina Faso e Niger, è un altro paese della “Françafrique” a essere stato vittima di un colpo di stato, il Gabon di Ali Bongo Ondimba, al potere da 14 anni. Il golpe, guidato da un gruppo di militari che ha ordinato l’annullamento delle elezioni e lo scioglimento di “tutte le istituzioni della Repubblica”, in seguito all’annuncio della rielezione per un terzo mandato del presidente uscente, mette fine al governo dinastico dei Bongo e getta nell’incertezza il paese dell’Africa centrale.

La prima nazione occidentale a reagire, proprio per quel tessuto di relazioni strategiche che va sotto il nome di “Françafrique”, è stata la Francia che, tramite il portavoce del governo Olivier Véran, ha condannato il putsch in corso e auspicato il ripristino di Ali Bongo, nel rispetto dell’esito delle elezioni del 26 agosto. Come accaduto in seguito agli altri colpi di stato militari che hanno coinvolto le ex colonie francesi, il golpe in Gabon è diventato rapidamente un terreno di scontro in politica interna, un pretesto per attaccare il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, di aver fallito ancora una volta nella sua politica africana.

Tra i più duri, il leader della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon, che su X, ex Twitter,  ha accusato l’inquilino dell’Eliseo di avere “compromesso la Francia”. “Nessuna allerta è stata presa in considerazione. Il Gabon ha potuto sbarazzarsi della sua marionetta presidenziale solo con un intervento dei suoi militari. Macron, ancora una volta, ha compromesso la Francia con un appoggio incondizionato all’insopportabile. Gli africani voltano pagina”, ha reagito Mélenchon.

La sovranista Marine Le Pen, sempre su X, si è rivolta alla ministra degli Esteri Catherine Colonna: “Qual è la coerenza della vostra politica africana quando si vedono i pietosi risultati in Ciad, Mali, Niger e ora in uno dei paesi storicamente più francofili d’Africa? E’ imperativo riorientare la politica africana della Francia verso una cooperazione rispettosa dei popoli e delle sovranità nell’interesse dei nostri continenti rispettivi”.

I danni a livello di influenza e di immagine dell’ennesimo golpe sono innegabilmente ingenti per Parigi, e sono molte le voci dell’alta diplomazia francese che invocano una profonda revisione della politica nel Sahel e più in generale in tutte le ex colonie. L’ex ambasciatore di Francia presso l’Onu Gérard Araud, sul Point, ha spiegato che esiste anzitutto un problema politico da risolvere: “La Francia non ha saputo accettare che le sue ex colonie siano ormai indipendenti e trattarle di conseguenza”. Tuttavia non si tratta, per Araud e per una parte della diplomazia, di abbandonare completamente quei territori, ma di fare “una stima razionale” degli “interessi concreti” di Parigi e di attenersi “alla loro difesa”. Senza più interferire negli affari politici africani.

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