sulla stampa

Il soldato americano è scappato in Corea del nord per “razzismo”, dice la Corea del nord

Giulia Pompili

Ora i giornali nordcoreani raccontano la diserzione di Travis King. Ma la loro versione è tutta propaganda

Ieri per la prima volta sulla stampa nordcoreana è apparso il nome di Travis King, il soldato americano che ha disertato oltrepassando il confine del 38esimo parallelo durante una visita turistica nella Zona demilitarizzata in Corea del sud circa un mese fa, il 18 luglio scorso. Sin dalla diserzione del giovane soldato, le autorità nordcoreane non avevano rilasciato alcuna dichiarazione sul caso. Ieri invece la Kcna, l’agenzia di stampa ufficiale del regime nordcoreano, ha fatto sapere che King ha attraversato il confine “illegalmente di sua volontà”, e che lo avrebbe fatto a causa degli “abusi disumani e del razzismo nell’esercito americano”.

 

 

Nell’articolo non si aggiungono altri dettagli, per esempio se King sia in stato di arresto e dove si trovi esattamente, e il fatto che il primo articolo su di lui sia apparso sull’agenzia di stampa internazionale dedicata alla propaganda esterna e non sui media interni lascia pensare che il regime non voglia ancora ufficializzare con la popolazione nordcoreana la diserzione dell’americano. Eppure c’è un primo dettaglio nella storia di Travis King che rischia di aumentare le tensioni tra Washington e Pyongyang: come prevedibile, il regime sta tentando di usare il soldato per la propaganda antiamericana. King, un afroamericano, avrebbe detto alle autorità nordcoreane di “nutrire rancore” nei confronti dell’esercito degli Stati Uniti  e di non credere più nella “iniqua società americana”.

 

 

E’ un tema che ricorre spesso nella propaganda nordcoreana, dove l’America (insieme al Giappone e alla Corea del sud) viene descritta come una società malvagia e invivibile al contrario di quella nordcoreana, un’utopia socialista dove tutti vorrebbero vivere. E’ un’ipocrisia a dir poco: al di là delle violazioni dei diritti umani anche contro i cittadini nordcoreani, ci sono molte testimonianze di razzismo anche dentro ai confini nordcoreani, e perfino la stampa nel 2014 definì l’ex presidente americano Barack Obama una “scimmia nera malvagia”. Il Pentagono è in attesa di capire quale sarà la prossima mossa della Corea del nord: se tenere King come arma di propaganda o usarlo come merce di scambio per ottenere qualcosa (di solito: soldi) dall’America. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.