Editoriali
Questa Brexit infattibile
Londra vive di rimandi, l’ultimo è sui controlli ai porti. Troppa burocrazia
Il governo britannico sta per annunciare un’ulteriore posticipazione dei controlli nei porti sui prodotti di origine animale e vegetale provenienti dall’Unione europea: lo ha scritto il Financial Times, citando alcune fonti che sostengono che un’eccessiva burocrazia sui prodotti importati potrebbe aggravare ulteriormente l’inflazione. Naturalmente si tratta di controlli che esistono soltanto da quando è stata introdotta la Brexit, e forse è improprio dire “esistono” perché ce ne sono invero molto pochi rispetto a quelli che erano previsti. Questi ultimi avrebbero dovuto partire da ottobre, ma sono stati posticipati, così come altri: di fatto in questo momento sono soltanto le esportazioni dal Regno Unito all’Ue a essere controllate, mentre per le importazioni non c’è un regime unico e non c’è nemmeno un calendario definito sull’introduzione dei controlli.
Molti dicono che non è tanto la Brexit il problema quanto la difficoltà di questo momento già reso incandescente dall’inflazione, e in più i porti devono ancora adattarsi alle nuove regole e il governo ha deciso di concedere loro più tempo. Ma se si sommano i continui ritardi programmati, si vede con chiarezza che, al netto delle emergenze, è la fattibilità della Brexit a essere compromessa. All’inizio della settimana, il governo ha deciso di lasciare libertà agli imprenditori di utilizzare il marchio di qualità sui prodotti comunitario o britannico, così come sta rivedendo la politica dei visti con l’Ue e facendo un pensiero sul rientro dentro al programma di ricerca Horizon. Anche molte leggi di armonizzazione post Brexit sono state rimandate: a insistere sono stati molti parlamentari conservatori, così come sui controlli e la burocrazia eccessiva sono le imprese a fare pressioni sul governo perché i costi sono troppo alti. E il governo non può che assecondarli, rimandando quel che non è fattibile, cioè tantissimo.
la sconfitta del dittatore