foto Ansa

analisi elettorali

La Spagna fa calcoli su calcoli, ma di Vox non parla più nessuno

Guido De Franceschi

Dopo il risultato modesto il partito di Abascal rischia di essere cannibalizzato dalla campagna per il voto utile del Pp. Sanchez intanto spera nell'accordo con Puigdemont

Il premier spagnolo, il socialista Pedro Sánchez, è in vacanza. E non vuole essere disturbato. La vittoria di Pirro del leader del Partito popolare, Alberto Núñez Feijóo, nelle elezioni politiche del 23 luglio ha lasciato quest’ultimo con un numero di seggi insufficienti a varare un governo con l’appoggio dei sovranisti di Vox. Invece lui, Sánchez, i numeri per continuare a governare potrebbe averli, almeno in potenza. Poi si vedrà. Ma intanto il premier ha preso l’aereo ed è volato a Lanzarote da dove tornerà soltanto il 16 agosto, giusto in tempo per l’insediamento del nuovo Parlamento, il giorno successivo.

Nel frattempo, il conteggio dei voti degli spagnoli all’estero ha attribuito un seggio in più ai popolari. A causa di questo “+1” del Pp, Sánchez per formare un governo dovrà ottenere – oltre ai voti di tutta la gamma dei partiti di sinistra e dei nazionalisti di varia natura che lo hanno già appoggiato negli ultimi anni – anche quelli degli indipendentisti catalani di Junts guidati da Carles Puigdemont, dei quali, prima del conteggio dei voti esteri, sarebbe bastata l’astensione. Le cose non cambiano però in modo sostanziale: un accordo con Puigdemont difficile era e difficile resta, ma è comunque un’opzione possibile e forse probabile.

In ogni caso, Sánchez ha respinto la richiesta di Feijóo di riunirsi questa settimana (“Ma dopo il 17 agosto sarò encantado di incontrare lei e gli altri leader”) e rimane in vacanza a Lanzarote. D’altra parte, il premier è consapevole del fatto che se Junts (o altri nazionalisti e/o indipendentisti) scegliessero di non appoggiare un suo governo dovrebbero poi spiegare ai loro elettori la scelta di andare a nuove elezioni, con il rischio che nel prossimo governo entrino i sovranisti di Vox che quei partiti nazionalisti e/o indipendentisti li vogliono mettere al bando.

A proposito, che fine ha fatto Vox? Prima delle elezioni tutta la Spagna e tutta l’Europa parlavano solo del partito guidato da Santiago Abascal e alleato con i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Ora, invece, sui sovranisti spagnoli è calato il silenzio. Nelle urne Vox ha ottenuto un risultato modesto. Ed è quindi svanito il sogno di Abascal di essere numericamente determinante e di poter entrare finalmente nel big game della politica nazionale.

Da parte loro non si sono ascoltate autocritiche, ma i sovranisti hanno sbagliato quasi tutto. Abascal ha fatto male ad andare al dibattito tv, disertato da Feijóo, con Sánchez e con la leader della sinistra radicale Yolanda Díaz: dall’uno-contro-due il leader di Vox è uscito malconcio. E Abascal ha fatto male anche a pretendere che, dopo le amministrative del 28 maggio, venissero varati alla bersagliera dei governi regionali di coalizione Pp-Vox: la legge avrebbe consentito di attendere fino a dopo il voto delle politiche – e infatti i socialisti, che in Navarra hanno bisogno di un accordo scabroso con gli indipendentisti baschi di Bildu, hanno scelto di congelare le trattative fino alla chiusura delle urne. A causa della fretta di Abascal, invece, gli elettori, proprio alla vigilia delle politiche, hanno assistito alle intemperanze negoziali di Vox. E si sono spaventati.

Per Abascal il bilancio sul recente passato è pessimo. Infatti, al di là della défaillance nelle urne e degli errori in campagna elettorale, c’è un altro dato rilevante: in Castilla-León, che è la prima regione in assoluto in cui i sovranisti siano entrati in un governo (ad aprile 2022), alle politiche del 23 luglio Vox ha perso 5 dei 6 seggi che aveva ottenuto nel 2019. E per Abascal è fosco anche l’orizzonte. Se al prossimo giro elettorale il leader del Pp sarà ancora il moderato Feijóo, su Vox si abbatterà come una clava la retorica del voto utile, il cui effetto sarà potenziato dal precedente della maggioranza mancata di un soffio. E se invece a capo del Pp arrivasse la non-moderata Isabel Díaz Ayuso, allora i sovranisti potrebbero davvero finire tritati nelle urne.