Un senzatetto, 24 anni, fuma fentanyl il 12 marzo 2022 a Seattle, Washington (Foto di John Moore/Getty Images)  

In memoria di un cronista

L'omicidio del giornalista messicano Íñiguez e la rivoluzione del fentanyl nel narcotraffico

Maurizio Stefanini

Era scomparso mercoledì scorso. Indagava sul cambiamento epocale dei cartelli della droga, che stanno sostituendo alla cocaina la nuova sostanza sintetica come principale fonte di reddito. Con un curioso risvolto geopolitico

Luis Martín Sánchez Íñiguez, 59 anni, lavorava per il quotidiano messicano La Jornada ed era scomparso da mercoledì scorso. Il suo cadavere è stato ritrovato sabato nello stato occidentale di Nayarit: il sesto giornalista assassinato in Messico quest’anno; ma sono oltre 150 dal 2000, secondo Reporter senza Frontiere – 13 l’anno scorso. L’ufficio del procuratore generale dello stato di Nayarit ha confermato che il giornalista è stato assassinato e che l’attacco contro di lui è legato al suo lavoro giornalistico. E’ in corso un cambiamento epocale del narcotraffico: i cartelli messicani che stanno rapidamente sostituendo il fentanyl alla cocaina come principale fonte di reddito, e il Messico stesso sta diventando un paese di consumo.

     

Il cadavere di Íñiguez è stato trovato a El Ahuacate, un giorno dopo che sua moglie aveva presentato una denuncia all’ufficio del procuratore speciale per le persone scomparse. Secondo le prime notizie che sono state comunicate, il suo corpo è stato trovato ammanettato, coperto di sacchi e con un messaggio appuntato sul petto che le autorità non hanno rivelato. Sua moglie ha detto che il computer di suo marito, il suo cellulare e un disco rigido sono scomparsi dalla loro casa. Ha però trovato i pantaloni che indossava mercoledì quando l’ha visto l’ultima volta e dentro il suo portafoglio, a cui mancava solo la tessera da giornalista. Si ritiene che sia stato ucciso tra le 24 e le 48 ore prima del ritrovamento del suo corpo. La sua scomparsa è avvenuta il giorno dopo quella di un insegnante ed ex giornalista, mentre andava al lavoro. Venerdì nella zona era stata sequestrata anche una terza persona, che però è stata poi ritrovata viva.

    

Dall’inizio dell’anno il Messico ha sequestrato finora 1.727 chili di fentanyl, e 565 da quando nel 2018 è iniziato il mandato del presidente Andrés Manuel López Obrador: sei anni durante i quali sono stati smantellati 1.740 laboratori, con tonnellate di sostanze chimiche per la produzione di varie droghe sintetiche. In pochi anni, il fentanyl è passato dall’essere il grande sconosciuto al tema di discussione che ha messo a dura prova il rapporto bilaterale tra Messico e Stati Uniti. La nuova droga sintetica è più potente, più economica e più difficile da rilevare, il che l’ha resa un’attività redditizia che sposta miliardi di dollari oltre confine.

 

Soltanto negli Stati Uniti l’anno scorso il fentalyn ha causato la morte di centomila persone, secondo i dati ufficiali. Il Messico continua a essere un paese che produce e consuma più metanfetamine: solo nel giugno di quest’anno ne sono stati sequestrati 3.400 chili, e 294.281 chili finora negli ultimi sei anni. L’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc) sottolinea che il Nord America è il mercato più importante per il consumo di queste droghe sintetiche: i due terzi dei laboratori di metanfetamina rilevati tra il 2012 e 2018 si trovano tra Messico, Guatemala, Stati Uniti e Canada. Gran parte delle sostanze chimiche usate dai narcos arriva dalla Cina, con conseguenze geopolitiche curiose. Benché appartenente in teoria a un filone ideologico di sinistra populista che in altri paesi della regione trescano con Pechino in chiave anti americana, López Obrador ha invece rapporti piuttosto tesi con la Repubblica popolare, e aderisce in pieno alla guerra americana contro il fentanyl.

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