in cecenia

L'aggressione alla Milashina e le leggi di Kadyrov a Grozny

Micol Flammini

La giornalista è stata aggredita nel feudo del più inutile e fedele degli alleati di Putin in guerra. Quanto è alto il rischio che la Russia diventi una grande Cecenia? 

La giornalista russa Elena Milashina e l’avvocato Alexander Nemov stavano andando a Grozny, in Cecenia, per assistere all’udienza di Zarema Musaeva, moglie di un giudice in pensione, madre di  tre attivisti molto critici nei confronti di Ramzan Kadyrov, leader della Cecenia e fedele alleato di Vladimir Putin. Milashina e Nemov erano per la strada verso il tribunale, degli uomini armati hanno fermato la macchina e picchiato la giornalista e l’avvocato. A lei sono state rotte le dita, rasati i capelli e mentre era a terra è stata cosparsa di vernice verde. A lui è stato ordinato di mettersi in ginocchio, gli è stata puntata una pistola alla tempia ed è stato portato in ospedale mentre aveva difficoltà a parlare e a muoversi.  Prima di andare via e lasciare Milashyna e Nemov feriti e umiliati a terra, gli uomini hanno detto loro di non tornare più in Cecenia e di smettere di occuparsene. L’idea è che non si trattasse di una banda di gangster, ma di uomini che eseguivano un ordine ben più strutturato, che erano interni al potere di Ramzan Kadyrov. Kadyrov ha detto che farà chiarezza, che i colpevoli saranno puniti, ha promesso di aver coinvolto i servizi segreti. Vladimir Putin ha raccomandato di agire con durezza, con “misure energiche”: oggi aveva molti impegni, tra i quali gli incontri virtuali con i suoi alleati, e ha affidato un suo commento sulle violenze di Grozny al suo portavoce Dmitri Peskov. La Cecenia è il feudo di Kadyrov che fra tutti gli uomini che gravitano attorno a Putin è tra i più ciarlieri e futili. Nella guerra in Ucraina i suoi kadyrovtsy si sono distinti per le violenze efferate, per le minacce, per essere sempre quelli che sembrano divertirsi di più di fronte al dolore, ma i loro video su TikTok sono sempre molto utili all’esercito di Kyiv per localizzarli e colpire le loro postazioni e quelle dei soldati russi. Non hanno conquistato, non sono avanzati, il loro compito sembra quello di ostentare fedeltà. Dopo la marcia di Evgeni Prigozhin verso Mosca è stato Kadyrov il primo, e l’unico, a dire a Putin che ci avrebbe pensato lui a fermare la Wagner e in estremo ritardo si è lanciato all’inseguimento dei mercenari, sapendo, e probabilmente sperando, che non sarebbe mai arrivato in tempo. 

 

Milashina scrive di Cecenia da sempre, è una giornalista della Novaya Gazeta, ha seguito le orme di Anna Politkovskaya e di Natalia Estemirova  – le due giornaliste che sono state uccise proprio per il loro lavoro a Grozny. Milashina ha seguito molti processi, ne ha scritto, ha ricevuto minacce di morte ma ha deciso di continuare e l’ultimo caso che stava seguendo con Nemov riguardava Zarema Musaeva, rapita mentre viveva a Nizhny Novgorod – città antica che si trova tra Mosca e  Kazan – arrestata e portata a Grozny, durante la detenzione è stata privata delle cure di cui aveva bisogno. Milashina e Nemov hanno deciso di raccontare e seguire il caso, ma la giornalista e l’avvocato non sono riusciti ad arrivare in tribunale, l’udienza è durata sette minuti, i due erano stati aggrediti e Musaeva è stata condannata a cinque anni e mezzo di carcere per aggressione alle autorità. Suo figlio Abubakar Yangulbaev ha detto a Novaya Gazeta Europa – la nuova costola della testata storica che ha riaperto con una redazione in Europa – che le cose che accadono oggi in Cecenia presto accadranno in tutta la Russia. 

 

L’immagine di Milashina coperta di vernice verde, con i capelli rasati, che cade non appena tenta di rimettersi in piedi mentre è ricoverata all’ospedale di Beslan ha riportato l’attenzione sulla Cecenia e sul fatto che la Russia è ormai un posto in cui può accadere di tutto, in cui i problemi chiedono di essere risolti tutti insieme e Putin di problemi ne ha ammassati molti. La Cecenia è uno di questi: la repubblica da cui Putin ha iniziato a farsi conoscere con la guerra e che poi ha regalato a Kadyrov, lasciandogli fare tutto ciò che voleva a condizione che avrebbe permesso al Cremlino di non occuparsi più di Grozny. Putin vuole pensare alla guerra in Ucraina, deve pensare ai droni che oggi sono stati abbattuti a Mosca, si deve preoccupare della fedeltà dei suoi generali, non vuole pensare alla Cecenia, a Kadyrov che infatti è stato lasciato libero di compiere qualsiasi atrocità, di instaurare le sue leggi, di perseguire i suoi oppositori anche nel resto del territorio della Russia. Kadyrov è rimasto inutile, brutale e fedele, il Cremlino ha pensato che la Cecenia non fosse più un problema, e dall’inizio della guerra in Ucraina è successo che la Russia sta incominciando ad assomigliare sempre di più alla repubblica di Kadyrov, con leggi simili – come le norme per curare l’omosessualità – e metodi che, come ha detto Yangulbaev, possono presto diventare speculari. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.