com'è andata

La marcia della Wagner era senza un piano B

Micol Flammini

Prigozhin non voleva arrivare a Mosca, intendeva catturare Shoigu e Gerasimov, ma il suo progetto è stato scoperto. Aveva avvisato alcuni generali che la pensano come lui. Ma tra i mercenari e il Cremlino, hanno scelto il Cremlino. Le ricostruzioni dell'intelligence americana

Evgeni Prigozhin non voleva arrivare a Mosca, neppure fermarsi a duecento chilometri. Gli sarebbe bastata Rostov sul Don, la città nella Russia meridionale in cui c’è il quartier generale più importante da cui coordinare gli attacchi in Ucraina. Il Wall Street Journal e il New York Times ieri hanno pubblicato le indiscrezioni di alcune fonti dell’intelligence americana, secondo le quali, Prigozhin era partito con una missione precisa e aveva anche avvisato alcuni generali. L’intenzione del capo della Wagner era catturare Sergei Shoigu e Valeri Gerasimov, il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore ai quali imputa i fallimenti in Ucraina, nonché architetti dell’integrazione dei suoi mercenari nell’esercito regolare. L’azione di Prigozhin era stata pianificata da tempo, ma gli eventi si sono svolti in modo precipitoso perché il piano era arrivato all’Fsb, i servizi di sicurezza russi. A quel punto Prigozhin ha deciso di puntare sull’effetto sorpresa, non ha atteso che l’organizzazione fosse perfetta, ed è partito per Rostov in anticipo. Nel quartier generale meridionale non ha incontrato resistenze, si è seduto accanto a Vladimir Alekseev, il vicecapo dell’intelligence militare, a commentare e deridere gli scarsi risultati della coppia Shoigu-Gerasimov. La marcia di Prigozhin è andata avanti, non si aspettava il discorso in cui Vladimir Putin gli ha dato del “traditore” e pensava di poter ancora ottenere qualcosa avanzando. Non è stato difficile, i soldati regolari che avrebbero dovuto proteggere le loro postazioni rimanevano passivi all’avanzata.  Viktor Zolotov, direttore della Guardia nazionale, che pure era stato informato dei piani di Prigozhin dai servizi segreti, ha detto che la facilità con cui i mercenari proseguivano la marcia era determinata dalla decisione di concentrare le forze attorno a Mosca per proteggerla. Questo Prigozhin lo sapeva, sapeva anche che entrare vivi nella capitale era molto complicato. E poi, una volta arrivato davanti al Cremlino, quale sarebbe stato il piano? Non ne aveva più di piani, Prigozhin ha negoziato per salvare se stesso e la compagnia. Epilogo migliore per lui non poteva esserci.
 
 
Secondo il New York Times alcuni generali russi conoscevano il progetto della Wagner, tra chi sapeva, il quotidiano americano fa il nome di Sergei Surovikin. Prigozhin e Surovikin si sono incontrati in Siria, dove il secondo si è guadagnato il soprannome di “macellaio di Aleppo”, e il primo ha incominciato ad avere problemi con Shoigu. A ottobre Surovikin è stato chiamato a comandare le operazioni dell’esercito russo in Ucraina, e Prigozhin lo aveva definito l’uomo “più competente dell’esercito russo”, mostrandosi d’accordo anche quando Surovikin annunciò la ritirata da Kherson per evitare che con la controffensiva ucraina i suoi soldati finissero tagliati fuori dai rifornimenti e limitare le perdite dell’esercito. Proprio mentre le critiche di Prigozhin a Shoigu e Gerasimov si facevano più dure, a Surovikin è stato affidato il comando della forze aerospaziali e al suo posto è stato nominato proprio Gerasimov. Il segnale da parte del Cremlino era chiaro, poco strategico ai fini della guerra, ma inequivocabile per i mercenari sulla posizione del presidente russo. Secondo alcuni canali telegram che hanno contatti con l’intelligence russa,  Surovikin sarebbe sotto interrogatorio, Vladimir Putin che è alla ricerca dei fedeli e dei traditori vuole sapere.  

 

Dopo l’inizio della marcia di Prigozhin, Surovikin è stato il primo a parlare, è intervenuto per fermare il capo dei mercenari con un discorso in cui lo invitava a non fare una guerra tra russi. Mentre gli uomini della Wagner procedevano nel loro cammino verso Mosca, l’unica forte resistenza che hanno incontrato è stata proprio quella delle forze aerospaziali comandate da Surovikin, e non ci sarebbe potuto essere un loro intervento senza che fosse lui a ordinarlo. Quando si è reso conto che il piano di Prigozhin stava naufragando, Surovikin  non ha avuto la forza, o il coraggio, o la determinazione di sostenerlo e andare contro il Cremlino. Dopotutto neppure Prigozhin ha avuto la forza, o il coraggio, o la determinazione, per proseguire la sua marcia e rompere definitivamente con Putin. Si è fermato prima. Si sono fermati prima tutti. Il messaggio però è uno: si può marciare su Mosca, non incontrare resistenza, tornare indietro e magari avere il modo di riprovarci. 

 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.