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Il conflitto

I russi pericolosi nei cieli siriani e le pressioni pro Assad sull'Ue 

Paola Peduzzi

In seguito alle provocazioni ricevute da parte delle forze aeree di Mosca, Borrel è stato chiaro: "La politica dell’Ue sulla Siria non è cambiata, non ristabiliremo relazioni diplomatiche con il regime di Assad"

Il comando militare centrale degli Stati Uniti, il Centcom, ha detto questa settimana di aver inviato degli F-22 Raptor in medio oriente per dimostrare “il sostegno e la capacità americana in seguito a un comportamento che non rispetta le norme di sicurezza e che non è professionale da parte degli aerei russi”. Il generale Michael Kurilla, a capo di Centcom, ha specificato: “La regolare violazione delle misure di deconfliction dello spazio aereo concordate aumenta il rischio di escalation o di errori di calcolo”, sempre riferendosi ai velivoli russi. A marzo, testimoniando davanti alla commissione Forze armate del Senato, il generale Kurilla aveva segnalato “un picco significativo” di attività pericolose dei jet russi, in particolare nello spazio aereo della Siria. Secondo fonti militari, la Russia ha smesso di rispettare il meccanismo di deconfliction nella seconda parte del 2022 e gli episodi cosiddetti dimostrativi dei jet russi si sono moltiplicati nel 2023: l’ultimo è stato registrato due giorni fa. L’invio da parte degli Stati Uniti degli F-22 ha subito sollevato il coro di chi denuncia l’ingerenza americana nella regione mediorientale, ma le provocazioni finora sono state tutte dalla parte delle forze aeree di Mosca. 

La violazione delle regole da parte della Russia è andata di pari passo con la riabilitazione del dittatore siriano Bashar el Assad, che deve la sua sopravvivenza a Vladimir Putin: Assad è stato riammesso nella Lega araba, mentre tutti i leader principali della regione non mancano di ricordare durante le loro visite in occidente – il saudita Mohammed bin Salman è stato accolto ieri sera a Parigi da Emmanuel Macron – che è ora di togliere le sanzioni a Damasco e anzi di togliere Assad dall’isolamento internazionale in cui è stato relegato dal 2011, da quando cioè ha causato un’enorme crisi umanitaria nel suo paese, con 500 mila morti almeno e tre milioni di rifugiati. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha annunciato giovedì che l’Unione europea ha stanziato 3,8 miliardi di euro (55 per cento dai fondi di Bruxelles e 45 dai singoli paesi) a sostegno dei rifugiati siriani e dei paesi che ne ospitano il numero più elevato, come Turchia e Libano. Borrell ha anche precisato: “La politica dell’Ue sulla Siria non è cambiata: non ristabiliremo relazioni diplomatiche complete con il regime di Assad finché non sarà avviata una transizione politica autentica e completa, cosa che non è avvenuta. Dobbiamo continuare a impegnarci per fare giustizia dei crimini commessi durante più di un decennio di conflitto”. Molti esperti temono però che le pressioni dei potenti riabilitatori di Assad mischiate all’indifferenza nei confronti della questione siriana possano far cedere i leader europei.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi