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Il racconto

Una valigia di soldi, una tata intercettata. Scandalo violento a Bogotà

Maurizio Stefanini

L'intricata e misteriosa storia attorno ad alcune intercettazioni che riguardano finanziamenti illeciti sta creando molti problemi al presidente colombiano Gustavo Petro. I dettagli dell'indagine

E’ stato definito lo “Escándalo de las chuzadas”, lo scandalo delle intercettazioni, ed è quello che sta creando sempre più problemi a Gustavo Petro, primo presidente di sinistra della Colombia. Ma in realtà il fulcro è in una misteriosa valigia piena di soldi che secondo i sospetti più estremi potrebbe essere stata un finanziamento illecito alla campagna elettorale del presidente da parte di narcos, oppure addirittura del presidente venezuelano Nicolás Maduro. E dopo che due dei più stretti collaboratori del presidente erano stati allontanati,  adesso ci è scappato un cadavere.

 

Una storia, comunque, intricatissima. Uno dei protagonisti è Armando Benedetti: 58 anni, deputato dal 2002 al 2006 e poi senatore dal 2006 al 2022, anche presidente del Senato dal luglio del 2010 al luglio del 2011. Via via esponente del Partito Liberale, del partito del presidente Álvaro Uribe Vélez, del partito del presidente Juan Manuel Santos, prima di passare con Petro e diventare un suo grande elettore. Per organizzargli la campagna elettorale gli ha anche passato la sua più fidata collaboratrice Laura Sarabia, 29 anni. Talmente Petro ne è stato contento, che se la è poi scelta come capo di Gabinetto. Anche Benedetti si aspettava un posto di ministro, ma invece è stato mandato come ambasciatore in Venezuela. Incarico importante, vista la scelta di Petro di riaprire le relazioni con Maduro; ma lontano dai centri decisionali di Bogotá. Si dice, comunque, che era stato coinvolto in una quantità di scandali, e Petro una volta ottenuto tutto l’utile che poteva ottenerne non intendeva compromettersi troppo. 

Benedetti ha comunque svolto la sua missione, e dopo i primi risultati è tornato a muoversi per il sospirato posto da ministro. Nel frattempo, però, i rapporti con Laura Sarabia si erano guastati, proprio perché la ventunenne che lui in otto anni aveva portato ai massimi vertici ormai giocava in proprio. Lei, peraltro, aveva pure assunto come bambinaia Marelbys Meza: 51 anni, già domestica di Benedetti licenziata per sospetto furto. Il 29 maggio la tata ha rivelato alla stampa che a gennaio era stata portata illegalmente in uno scantinato vicino al palazzo presidenziale, accusata di aver rubato una valigetta contenente 7.000 dollari dall’appartamento di Sarabia e costretta a fare un test del poligrafo. Il 1° giugno il Procuratore generale Francisco Barbosa ha denunciato che i Servizi avevano intercettato i telefoni della Meza e di un altro lavoratore domestico assunto a casa Sarabia per 10 giorni, con un abuso di potere che la polizia aveva giustificato addirittura etichettando la tata come membro del famigerato Cartello del Golfo. “E’ un giorno deplorevole per lo stato di diritto, le intercettazioni illegali sono tornate in Colombia”, ha detto. 

Il giorno dopo quattro funzionari di polizia sono finiti sotto inchiesta, e sia la Sarabia sia Benedetti sono stati destituiti. L’ambasciatore aveva detto che la capo di gabinetto gli aveva chiesto aiuto per impedire che la tata andasse dai giornalisti; lei ha risposto che era stato lui a far trapelare la storia. Il 4 giugno la rivista Semana ha pubblicato una conversazione telefonica in cui un furibondo Benedetti, tra una parolaccia e l’altra, minacciava la Sarabia di tirare fuori l’origine irregolare dei finanziamenti alla campagna elettorale di Petro. “Ahah, stronzo, ho fatto cento riunioni, 15.000 milioni di pesos, per di più, se non è per me non vincono”, “ti prendo a calci figlio di puttana, e lì cadiamo tutti, figlio di puttana”, sono scampoli della prosa usata. Benedetti ha cercato di smentire, sostenendo che gli audio erano stati “alterati”. Petro lo ha intimato a presentare le sue denunce in tribunale. Il 9 giugno a Bogotá è comparso cadavere all’interno di un veicolo il colonnello della Polizia Óscar Dávila, addetto alla protezione della Presidenza, responsabile del test del poligrafo, e indicato come unico disponibile a testimoniare tra gli agenti coinvolti. 

L’apparenza è di un suicidio: un colpo in testa con l’arma del suo autista. Ma aveva appunto detto di voler essere sentito, e aveva anche denunciato che forse era pedinato. Semana ora ha tirato fuori un anonimo testimone che avrebbe parlato con il colonnello pochi giorni prima della sua morte, e secondo cui sarebbe stato lo stesso Petro a chiedere alla Sarabia di tenergli a casa sua cinque valigie con tre miliardi di pesos, cioè 657.000 euro. Il deputato dell’opposizione Miguel Polo Polo accusa addirittura il presidente sulla morte del colonnello: “Ha dato lei l’ordine?”.

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