Silvio Berlusconi e Angela Merkel (Ansa)

In germania

Altro che "kapò" detto a Schulz. Per i tedeschi il Cav. era soprattutto la stabilità del Ppe

Daniel Mosseri

L'incidente diplomatico con l'allora presidente del Parlamento europeo è solo un episodio. Con il passare degli anni invece a Berlusconi è stato riconosciuto “un ruolo all’interno della famiglia del partito popolare europeo”, spiega Michele Valensise, ambasciatore d’Italia a Berlino tra il 2009 e il 2012

Berlino. Fatale fu l’incidente del “kapò”, il termine con il quale nel luglio del 2003 Silvio Berlusconi apostrofò l’allora presidente del gruppo dei socialdemocratici tedeschi al Parlamento europeo, Martin Schulz. Uno scivolone, una figuraccia ma anche una reazione, tanto inelegante quanto perfettamente umana, alle forti critiche che stampa e politica tedesche riversavano senza sosta sul leader di Forza Italia: perché il “kapò” è del luglio del 2003 mentre la discesa in campo del Cavaliere risale a dieci anni prima.

Per capire le ragioni della lunga incomprensione fra i dirigenti della Germania e il Silvio nazionale, il Foglio ha parlato con Michele Valensise, già ambasciatore d’Italia a Berlino (giugno 2009-agosto 2012) negli anni del Berlusconi quater. All’inizio, spiega il diplomatico, “ci furono delle riserve e delle diffidenze anche evidenti” fra il premier e i tedeschi; con il passare degli anni invece a Berlusconi è stato riconosciuto “un ruolo di stabilità all’interno della famiglia del partito popolare europeo”. Aver insomma mantenuto la barra ferma sui valori del Ppe ha permesso al Cavaliere di superare le difficoltà iniziali. Difficoltà che l’ambasciatore chiama “piombi nelle ali”. “Innanzitutto la contiguità con la sfera degli affari privati, difficilmente digeribile per la mentalità tedesca”. E questo anche se l’ex ministra della Difesa, Christine Lambrecht, ha lasciato di recente a favore di Boris Pistorius anche per aver portato il proprio figlio “in gita” su un elicottero della Bundeswehr, e il Bundestag e il Tar di Berlino ancora litigano sui privilegi da ex cancelliere di Gerhard Schröder, un leader politico che si è fatto assumere da Vladimir Putin il giorno dopo aver lasciato la guida del governo. Un mogul capo del governo era dunque per i tedeschi qualcosa di inconcepibile. 

 

Secondo piombo: “Berlusconi era il leader di un partito personale, con caratteristiche del tutto diverse da quelle dei partiti tradizionali tedeschi”, dice Valensise. Partiti anche antichi come la Spd (di Schröder, Schulz e del cancelliere Olaf Scholz) che ha appena festeggiato il suo 160esimo compleanno. Già da sole queste due eccentricità hanno reso molto difficile l’accettazione di Berlusconi in Germania. Con il passare degli anni, però, qualcosa è cambiato. “Non dimentichiamo la familiarità: fra incontri bilaterali e impegni in sede comunitaria i leader dei paesi europei si incontrano varie volte l’anno”. Una familiarità che si è lentamente creata anche fra Berlusconi e Angela Merkel, due personaggi che per storia, formazione e personalità non potrebbero essere più distanti. Lui, prima chansonnier poi re de media, faceva notizia per i festini nelle ville, mentre lei, prima chimica e poi politica di professione, passava i fine settimana nella sua dacia nei boschi del Brandeburgo a preparare la zuppa di patate al marito. “Eppure, io ne sono stato testimone, fra i due c’era una buona intesa”. Di più: “La cancelleria Angela Merkel ha sempre avuto una grande attenzione nei confronti di  Berlusconi”, aggiunge Valensise. Non si tratta solo dell’importanza, nota, dell’Italia per la Germania, ma entrambi i leader avevano “una dote di disponibilità umana e anche di empatia non comuni, anche se in forme diverse”. Poi c’era la comune militanza nel Ppe e in più occasioni “lo stesso Hans-Gert Pöttering (Cdu), già presidente del Parlamento europeo, mi ribadì quanto importante fosse per i moderati tedeschi sapere di avere Berlusconi in Italia sul quale poter fare sponda”.

 

Ma la politica non è tutto, e l’umanità finisce per vincere sulle differenze. Lo stesso Schröder, che aveva avuto in alcuni passaggi degli attriti “anche notevoli” con Berlusconi, in anni successivi dispensava “valutazioni singolarmente positive nonostante fossero stati sulle barricate”, ricorda ancora Valensise. E il kapò? “Io credo che il tempo e il buon carattere di tanti amici tedeschi allentino i dissidi: Martin Schulz dice sempre con ironia che lui è debitore di Silvio Berlusconi perché lo aiutò a creargli una notorietà che prima non aveva”.
 

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