Manifestanti davanti alla Casa Bianca nel 2021 (Chip Somodevilla / Getty Images)

Tre anni fa

L'America dopo George Floyd. Il racconto-ritratto di due premi Pulitzer

Giulio Silvano

Cosa è cambiato e cosa no, nonostante le promesse. Il libro di Robert Samuels e Toluse Olorunnipa: “La nostra è stata una missione che non ha riguardato solo i fatidici nove minuti, ma ha alzato il sipario su una vita di stenti”, dicono al Foglio

Il 25 maggio del 2020 a Minneapolis il quarantaseienne George Floyd moriva sotto al ginocchio del poliziotto Derek Chauvin per asfissia. Floyd era stato fermato dopo esser stato accusato di aver usato una banconota falsa da venti dollari. La sua uccisione, accodandosi a quella di altri afroamericani uccisi da forze dell’ordine, scatenò grandi e diffuse proteste rianimando il movimento Black Lives Matter (Blm) e  ravvivando il dibattito pubblico sulle violenze a sfondo razziale. La vita di Floyd è stata ora raccontata da Robert Samuels e Toluse Olorunnipa nel libro “His Name Is George Floyd: One Man’s Life and the Struggle for Racial Justice”, che ha appena vinto il premio Pulitzer. “Come milioni di altre persone in tutto il mondo abbiamo guardato con orrore il video dell’omicidio di Floyd, riprodotto dai telegiornali e dai feed dei social nell’estate del 2020. Il filmato ci ha spinti ad andare a fondo, a compiere una missione che non riguardasse solo i fatidici nove minuti e ventinove secondi che lui ha passato a boccheggiare, ma di alzare il sipario su una vita di stenti”, dice al Foglio Olorunnipa, che è un corrispondente dalla Casa Bianca per il Washington Post.

 

“La morte di Floyd ha acceso il più grande movimento di protesta per i diritti civili nella storia americana, e per questo motivo è una figura storica la cui vita ci dice molto sul paese in cui è vissuto e in cui è morto. Più cose scoprivamo del percorso di Floyd, più è diventato chiaro che la sua vita è un esempio tangibile di come agisce il razzismo sistemico nel ventunesimo secolo”. Il libro, infatti, non si ferma all’omicidio, ma va all’indietro, ed è stato lodato per la sua capacità di non fare di Floyd un santo, ma di mostrare i suoi lati oscuri e le difficoltà  – il rap, il crack, le rapine, il carcere, il recupero – intervistando amici e familiari. “Volevamo ricordare al mondo che Floyd è stato qualcosa di più della sua morte. È stato un uomo in carne ed ossa, che ha amato ed è stato amato. Eppure, sapere che è morto in modo così cruento apre molte domande e ci si chiede se lui abbia ricevuto tutta la benevolenza e il sostegno possibili durante i suoi 46 anni di vita da cittadino americano. Purtroppo non è così, ed è uguale per molti americani neri”, ci dice Samuels, giornalista del New Yorker, coautore del libro, che si dice contento del Pulitzer, anche perché può riaprire un dibattito sul tema in questo particolare momento della storia.

 

Ma perché, nonostante prima di lui fossero state uccisi afroamericani come Trayvon Martin, Micheal Brown ed Eric Garner – che avevano scatenato il movimento Blm – la morte di Floyd è diventata così centrale? Il motivo è, anche, il Covid. Olorunnipa dice che la situazione nel mondo “era tale che le persone non hanno potuto non prestare attenzione”, considerata anche la forza del video. “Nel mezzo di una pandemia”, si legge in “His Name Is George Floyd”, “con gli eventi sportivi cancellati e le scuole chiuse e decreti che obbligavano a stare in casa, il paese non poteva staccare gli occhi da questo incidente di brutalità poliziesca; almeno non così facilmente come era accaduto negli altri casi precedenti”. E poi “c’è qualcosa di universalmente spaventoso nel vedere un uomo ammanettato che supplica i poliziotti, per la sua vita, e invoca sua madre, mentre viene soffocato da un agente dello stato, in pieno giorno, mentre i passanti preoccupati implorano pietà. Il fatto che i manifestanti siano scesi in strada in Italia, con cartelli che dicevano ‘basta uccidere persone nere’, ha mostrato che l’umanità di Floyd, nel momento della morte, ha colpito tutto il mondo, e ha aiutato a mostrare la difficile situazione dei neri da Roma a Rio de Janeiro”, ci dice Olorunnipa.

 

Il 2020 era l’ultimo anno di presidenza di Donald Trump, e, come ricorda Samuels, si è cercato di non rendere l’omicidio troppo divisivo: “Inizialmente molti, nel Partito repubblicano, non hanno attaccato Black Lives Matter dopo la morte di Floyd. Trump ha ritenuto necessario telefonare alla sua famiglia per porgere le condoglianze, e ci sono stati diversi senatori, come Tim Scott, Lindsey Graham e Mitt Romney, che si sono detti disponibili ad aiutare a placare il razzismo sistemico. Ma è un’operazione difficile. C’è bisogno di diversi esami di coscienza e molti si sentono a disagio, in particolare se vivono in zone segregate del paese dove non è detto che interagiscano ogni giorno con persone di colore. Non è un’operazione politicamente efficace, è complicata. E quindi è più semplice per i politici usare le differenze per attirare consenso, a prescindere dagli effetti a lungo termine”. Più avanti, nell’estate elettorale del 2020, Trump ha detto che BLM era un “simbolo d’odio”, e ha denunciato le violenze nate nelle strade durante le proteste.

 

Tra i democratici, le proteste nate dall’omicidio di Floyd hanno fatto spostare il tema del razzismo in cima alle priorità. Biden, spinto dall’ala sinistra del partito, aveva parlato di riforme della polizia. “È difficile dire esattamente quanto Blm abbia avuto un impatto sui risultati delle elezioni del 2020, ma è chiaro che i temi e i dibattiti della corsa presidenziale sono stati segnati dall’attivismo che abbiamo visto quell’estate”, spiega Olorunnipa. “L’allora candidato Joe Biden ha aggiornato la sua campagna concentrandosi sulla parità razziale e ha selezionato una donna nera come candidata alla vicepresidenza. L’allora presidente Trump ha potenziato il messaggio sull’ordine pubblico – law and order – e ha continuato a spingere una retorica polarizzata rispetto ai manifestanti”. Il poliziotto che ha ucciso Floyd, Chauvin, è stato condannato a vent’anni, e in reazione a Blm è nato un altro movimento, Blue lives matter, in difesa dei poliziotti. L’impatto, quindi, anche per la tempistica dell’evento, è stato notevole, almeno nei temi di discussione nei dibattiti televisivi, ma non solo. “L’approccio di Trump ha allontanato molti elettori moderati di cui avrebbe avuto bisogno per vincere, ma dopo la vittoria di Biden nel paese si è iniziato a vedere un contraccolpo rispetto ai temi della giustizia razziale che lui aveva spinto. Alcuni elettori moderati ora credono che il pendolo sia oscillato troppo nella direzione della coscienza razziale, e la corsa per le elezioni del 2024 sta prendendo forma come uno scontro tra candidati ‘anti-woke’, che fanno campagna contro i temi di Blm, e un presidente che ha promesso di essere il più progressivo di tutti in materia di tematiche razziali. Ma Biden si trova di fronte un nuovo panorama politico rispetto al 2020”. Olorunnipa fa riferimento anche al fallimento del Congresso di passare una legge che avrebbe avuto il nome di Floyd, affossata dai repubblicani, e che avrebbe obbligato a una riforma delle politiche interne della polizia, oltre a richiedere maggiore trasparenza. 

 

Ma, nonostante questo, possiamo dire che a tre anni di distanza ci sono stati dei progressi. “Sono cambiate davvero molte cose” da quel 25 maggio, dice Roberts. “A livello di riforme ci sono stati almeno sedici stati che hanno messo fuorilegge sia l’uso della stretta al collo da parte della polizia, sia la possibilità di entrare in casa di un sospetto senza previa notifica. Molte persone hanno iniziato a impegnarsi politicamente. E tante aziende e istituzioni hanno voluto prendere parte al dibattito, parlando del bisogno di diversità e inclusione in modi che prima non venivano presi in considerazione. I cambiamenti però vengono da ogni direzione. La forte reazione verso la ‘critical race theory’ continua ad avere un ruolo, visto che diversi governi statali stanno bloccando i tentativi di discuterne nelle scuole e nelle università. I libri vengono messi al bando, e alcuni di questi testi sono gli stessi che andrebbero letti per capire come funziona il razzismo sistemico. Sono tempi tumultuosi, ma, forse, tempi per un grande cambiamento”.

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