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editoriali

L'economia russa è in ripresa, servono sanzioni più incisive

Redazione

Tra le proposte c’è il rafforzamento delle sanzioni su petrolio e gas, sull’export non energetico, il sostegno alla dismissione delle imprese occidentali dalla Russia, un rafforzamento generale della compliance e l’applicazione di sanzioni secondarie a paesi terzi

Secondo le previsioni di Izvestia, uno dei quotidiani russi più diffusi, nel 2023 il pil crescerà dello 0,9 per cento: uno scenario più ottimistico di quello del Fmi (+0,7 per cento) e più pessimista di quello del ministero dell’Economia russo (+1,2 per cento). La ripresa dovrebbe essere sostenuta dalla domanda interna e dal riorientamento delle esportazioni in Cina e India.

Tuttavia, ci sono molti “se” e “ma”.

Gli esperti consultati sottolineano che la crescita sarà influenzata dalla “situazione geopolitica” e dalle “restrizioni esterne”, ovvero dall’andamento della guerra e dall’efficacia delle sanzioni. Molto, soprattutto, dipende da quanto le sanzioni vengono rafforzate. Nel 2022 l’economia russa si è contratta del 2,1 per cento, molto meno delle previsioni iniziali di crolli tra il 7 e il 12 per cento. Le sanzioni, che il primo anno hanno riguardato essenzialmente le importazioni, hanno indebolito le capacità tecnologiche e di sostenere la macchina bellica, ma la Russia ha saputo sfruttare le falle e i limiti delle sanzioni per contenere i danni, soprattutto usando l’enorme surplus garantito dalle entrate di gas e petrolio (non sanzionati). Da fine 2022, le sanzioni colpiscono anche l’export, in particolare il settore petrolifero, che ne sta risentendo. Ma non basta.

In vista del G7 di Hiroshima del 19 maggio i leader occidentali devono decidere se è arrivato il momento di inasprire le misure, come chiedono diverse organizzazioni, come il gruppo di esperti sulle sanzioni Yermak-McFaul o la Kyiv School of Economics. Tra le proposte c’è il rafforzamento delle sanzioni su petrolio e  gas, sull’export non energetico, il sostegno alla dismissione delle imprese occidentali dalla Russia, un rafforzamento generale della compliance e l’applicazione di sanzioni secondarie a paesi terzi. Su quest’ultimo aspetto, le proposte dell’undicesimo pacchetto di sanzioni della Commissione europea vanno nella giusta direzione, eppure per molti governi  è  un passo troppo audace. Ma sono proprio su queste esitazioni che Vladimir Putin continua a scommettere.

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