Difendere Trump
Nel Partito repubblicano dei tormenti c'è un silenzio che pesa più di tutto il resto
Per molti anni Mitch McConnell è stato il necessario collante tra le due anime repubblicane: da una parte quella istituzionale e patriottica, dall’altra quella del conservatorismo rabbioso. Ma sull'incriminazione dell'ex presidente, il leader al Senato ha scelto di tacere, mandando nel pallone il Gop
L’incriminazione di Donald Trump ha segnato una nuova linea di demarcazione tra i repubblicani. Molti dei critici dell’ultim’ora, come la rete televisiva Fox News e il suo vicepresidente Mike Pence, sono nuovamente accorsi in difesa dell’ex presidente. Altri, come il neocandidato Asa Hutchinson, già governatore dell’Arkansas per due mandati, ha invitato l’ex presidente a rinunciare alla candidatura. Sorprendentemente, ma non troppo, il leader al Senato Mitch McConnell ha scelto per lo più tacere. E pensare che sono bastati pochi giorni d’assenza del senatore del Kentucky, appena uscito dalla riabilitazione in seguito a una brutta caduta, per mandare nel pallone i repubblicani, che hanno reagito in ordine sparso sia alle giravolte del governatore della Florida, Ron DeSantis, riguardo all’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Ucraina, sia nei riguardi della tendenza sempre più autoritaria di Donald Trump che ormai addita come suoi nemici “altri americani”.
Per molti anni Mitch McConnell è stato il necessario collante per tenere insieme le due anime del Partito repubblicano: da un lato quella istituzionale e patriottica, dall’altra quella del conservatorismo rabbioso, incarnato prima dai seguaci di George Wallace nel Partito democratico, poi gradualmente passati tra i repubblicani con il commentatore Pat Buchanan e poi con i movimenti del Tea Party e dei cosiddetti “Maga” sostenitori di Donald Trump.
Per capire meglio come si è creata questa partnership ci siamo fatti guidare da Al Cross, direttore dell’Institute for Rural Journalism and Community Issues presso l’Università del Kentucky e storico commentatore locale di politica per il Courier Journal di Louisville: “McConnell ha iniziato come moderato, poi è cambiato assieme al Partito repubblicano”, dice al Foglio Cross, precisando: “La mia visione sulla sua azione politica è limitata al Kentucky, non posso aiutarvi sul futuro della leadership repubblicana al Senato”. Però è proprio in Kentucky, dove McConnell ha mosso i primi passi come esponente moderato per poi spostarsi gradualmente a destra, che c’è la chiave di questa unione. Precisamente nel 2010. Racconta Cross che in quell’anno McConnell ostacolò gli sforzi per la rielezione di Jim Bunning: “McConnell avrebbe voluto che gli succedesse il segretario di stato del Kentucky Trey Grayson, ma a sorpresa prevalse Rand Paul, fino ad allora noto come figlio del deputato texano Ron Paul. McConnell non conosceva il suo staff e così si prese la giornata libera per conoscerli meglio”.
Un approfondimento che in quel caso ha fatto sì che i due non si scontrassero: “McConnell è molto attento a non invadere lo spazio politico di Rand Paul, facendo arrivare solo degli endorsement periodici”. Ciò però non spiega perché, nonostante sia ampiamente impopolare nello stato, venga costantemente rieletto: “Semplicissimo: fa sì che l’elezione venga incentrata sui difetti dell’avversario, mettendosi nell’ombra e superando così il disgusto del 35 per cento circa di repubblicani che non lo sopporta, ma ancor meno tollererebbe l’elezione di un democratico”. Da lontano non è nemmeno facile comprendere come mai, dopo l’efficienza con cui ha approvato tre giudici conservatori alla Corte Suprema, adesso il leader dei repubblicani al Senato sia una delle persone più odiate dal mondo Maga. “Nonostante quel che si dice in giro – spiega Cross – McConnell rimane un patriota e un costituzionalista e basta andarsi a rivedere ciò che disse il 6 gennaio 2021, poche ore prima dell’assalto a Capitol Hill: ‘La democrazia americana non può permettersi di imboccare una spirale mortale’. Da allora quella partnership si è rotta, anche se fino ad allora aveva funzionato piuttosto bene”.
Come mai però dopo la morte di Antonin Scalia, McConnell decise di rompere la prassi costituzionale di un’audizione per la nomina di Merrick Garland alla Corte Suprema? Cross ci rivela un motivo sconosciuto: “All’epoca sembrava che il favorito per la nomination per le presidenziali fosse il senatore texano Ted Cruz, uno dei più ostili alla leadership di McConnell. Con quell’uscita, McConnell volle tagliargli le gambe ritenendo una presidenza Trump molto più maneggevole per i suoi calcoli”. E oggi sull’incriminazione di Trump, perché il silenzio? Per Cross si tratta di una reazione inevitabile: “Uno dei suoi slogan preferiti è: ‘Nessuno può incolparti per cose che non hai detto’”.
L'editoriale dell'elefantino