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l'intervista

Nonostante i fan di Trump (che oggi è in tribunale) pianificare un'eversione in America non è così facile

Luciana Grosso

"Il punto non sono gli eventuali disordini", ci dice Kathleen Belew, tra le più accreditate studiose nel campo della violenza politica americana. "Il punto è che i fatti di questa settimana costituiranno l’ennesimo tassello di un processo di radicalizzazione che è iniziato prima di Trump e andrà avanti dopo di lui”

Lodi. Qualunque cosa succederà tra poche ore a Donald Trump accadrà in un’aula di tribunale e di un ufficio di polizia. Eppure, gli occhi del mondo non guardano a quelle stanze né al procedimento legal-burocratico che vi si consumerà, tra giudici più che cauti e avvocati terrorizzati dalle intemperanze del loro assistito. No, gli occhi di tutti sono per le strade della città, tra poliziotti, transenne, e manifestazioni più organizzate. Se un gruppo di trumpiani ha assaltato Washington perché convinto che Trump avesse perso le elezioni, cosa potrà accadere ora dopo l’incriminazione? Secondo l’Fbi, non dovrebbe succedere granché: monitorando social e fonti varie, non sembra esserci neppure l’ombra del tumulto che c’era nei giorni prima del 6 gennaio 2021. Anche secondo l’ufficio del sindaco di New York, Eric Adams, “non sembrano esserci minacce credibili per la città” – ma ai poliziotti della città sono stati sospesi permessi e ferie.

“Nella politica americana di oggi, la violenza è parte dell’equazione. Non ha senso negarlo. Il punto però è chi, in un ipotetico scontro armato, può vincere. E questo qualcuno, al momento, non è nessuna milizia armata. Che esistono e sono  armate fino ai denti, pronte a combattere e a portare il caos se necessario, ma non sono preparate per rovesciare la democrazia”, dice al Foglio Kathleen Belew, docente di storia contemporanea alla Northwestern University, editorialista e studiosa tra le più accreditate nel campo della violenza politica in America. Che cosa può accadere dopo che Trump si presenterà in tribunale a New York, oggi? “Il punto non sono gli eventuali disordini, gli attentati, le milizie armate. Il punto è che, anche se nelle ore dopo l’arresto di Trump non dovesse succedere niente, i fatti di questa settimana costituiranno l’ennesimo tassello di un processo di radicalizzazione che è iniziato prima di Trump e andrà avanti dopo di lui”. Secondo la studiosa, “le posizioni estreme, di reciproco senso di minaccia e di assedio, ci sono sempre state nella politica recente. In particolare erano molto pronunciate negli anni Novanta, ed erano sia a destra sia a sinistra, anche se in proporzioni diverse. Trump non ha inventato niente, anche se forse è convinto di sì. Semmai, ciò che ha fatto è stato cambiare le ambizioni di queste persone. Prima di Donald Trump, un suprematista bianco pensava che mai avrebbe ricevuto ascolto o attenzione. Dopo Trump sa che arrivare al vertice dello stato è possibile e che non c’è  bisogno di camuffarsi per riuscirci. Si può fare anche con una retorica esplicitamente violenta, razzista, autoritaria. Trump ha cambiato le cose perché le ha rese più esplicite”. 

A proposito di essere espliciti, proviamo a esserlo anche noi e pronunciamo un paio di parole tabù: “guerra” e “civile”. E’ possibile? Potrebbe accadere davvero? “Per certi aspetti sta già succedendo, la guerra civile è già cominciata. Negli ultimi mesi ci sono stati numerosi episodi violenti di matrice politica, penso agli  attentati alle infrastrutture elettriche in Maryland, o al tentativo di rapire la governatrice del Michigan. Per non parlare di episodi come la sparatoria di Kenosha in Wisconsin. Quindi, più che possibile, direi che è già vero e che, quando parliamo di guerra, non ci dobbiamo aspettare uno scenario da ‘Via col Vento’ con eserciti, divise e bandiere. Piuttosto dobbiamo pensare a uno stato di tensione e pericolo, una reciproca delegittimazione tra aree rurali e urbane”. Non uno scenario incoraggiante. “Il punto vero, quello a cui dobbiamo guardare, è chi controlla l’esercito. Finché l’esercito rimane fedele alla democrazia, chiunque tenti una rivolta ha davvero poche chance. Per quanto queste milizie possano essere armate ed equipaggiate, non sono addestrate, non hanno un piano. Una cosa è sparare alle lattine in un campo, un’altra avere a che fare con una macchina enorme e organizzata come quella dell’esercito degli Stati Uniti”. E l’ex presidente chiamerà alla rivolta i suoi? “Può farlo, ma non è detto che lo seguano. Perché anche se Trump è convinto di essere il loro leader, è più probabile sia il loro scudo e che sia la frangia estremista a usare lui, non il contrario”.

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