Editoriali
Che se ne fa il Qatar dell'Ue se può avere l'Ilo
Doha può comprarsi legalmente la benevolenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro: sarebbero 25 i milioni sborsati per un accordo in vista dei Mondiali 2022. E ora la Commissione rifiuta di metterli in discussione
Chi ha bisogno di corrompere una manciata di deputati europei, se il Qatar può comprarsi la benevolenza della principale organizzazione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare il rispetto dei diritti dei lavoratori? Nel fine settimana il New York Times ha rivelato che il Qatar ha versato 25 milioni di dollari all’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nell’ambito di un accordo legato alle verifiche in vista dei Mondiali di calcio del 2022. Apparentemente non c’è nulla di illegale, anche se la donazione era rimasta segreta. Tuttavia è indicativa del modus operandi di Doha per migliorare la sua immagine e della disponibilità anche delle istituzioni internazionali a chiudere un occhio per ragioni di realpolitik.
Secondo le testimonianze raccolte dal New York Times, il Qatar avrebbe fatto pressioni con successo sull’Ilo per silenziare le critiche sugli abusi. I giudizi positivi dell’Ilo sono poi stati utilizzati dal Qatar come megafono nel mondo. I rapporti dell’organizzazione dell’Onu non sono stati solo citati da alcuni deputati coinvolti nel Qatargate, ma sono diventati la base per la posizione ufficiale di tutta l’Ue favorevole a Doha. Il Qatar “ha realizzato riforme e merita un successo globale”, aveva twittato il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, in una visita all’apertura dei Mondiali, sottolineando i “progressi considerevoli e tangibili sulla riforma del lavoro”. In una risposta a un’interrogazione parlamentare, lo stesso Schinas ha spiegato che i suoi tweet sono “pienamente in linea con la posizione della Commissione europea” e “riflettono anche la linea dell’Ilo”. Ora si scopre che la linea dell’Ilo è stata finanziata dal Qatar, ma la Commissione rifiuta di rimettere in discussione i suoi rapporti con l’organizzazione onusiana o con Doha. È una delle grandi ipocrisie del Qatargate: non per forza servono valigie di contanti per farsi influenzare. Basta una compiacenza interessata.
I conservatori inglesi