Foto di Fayyaz Ahmed, via Ansa 

il caso

La Cina sfrutta materie prime e manodopera in Pakistan per arricchirsi

Francesca Marino

Il governo pachistano ha ricevuto il 3 per cento dei profitti delle miniere. Il Balochistan, in cui 176 minatori sono stati uccisi, meno di zero. Il settore più importante della regione, molto povera, insieme a quello dei minerali e della pesca è però in mano cinese

Secondo la Pakistan central mines labour federation “nel 2021 almeno 176 minatori sono stati uccisi e 180 feriti in incidenti minerari. Di questi decessi, almeno 100 sono stati segnalati nel solo Balochistan”. Il Balochistan è la provincia più grande del Pakistan, di fondamentale importanza strategica visto che confina con l’Iran e l’Afghanistan. È anche la più povera di tutte le province pakistane: quasi il 75 per cento dei baloch vive in aree rurali e ha scarso o nullo accesso a strutture sanitarie, scuole, acqua potabile e gas. Nonostante il sottosuolo della regione sia ricchissimo di minerali, e la provincia sia diventata negli ultimi anni il fiore all’occhiello del China-Pakistan economic corridor, il famigerato Cpec diventato ormai un caso di studio per i ricercatori. I minerali, oro, rame, zinco e piombo, vengono sfruttati infatti esclusivamente da aziende cinesi a partecipazione statale. Le miniere di Saindak, da cui si estrae oro e rame, sono state affittate nel 1995 alla Metallurgical corporation of China Ltd. (Mcc), una filiale della China metallurgical group corporation.

 

La stessa Mcc ha firmato nel 2002 un memorandum d’intesa con la Pakistan minerals development company (Pmdc) per sfruttare le miniere di zinco e piombo di Duddar. Il 23 novembre 2004 è stata registrata la Mcc duddar minerals development company pvt. limited (Mdmd), una joint venture delle tre società, tutte cinesi. Il 6 gennaio 2005, la società ha firmato un accordo di finanziamento con la China development bank. La Mcc huaye, Duddar (Mhd) Mining Co. costituita da China metallurgic group come investitore e sviluppatore e China huaye group responsabile della costruzione e della produzione, hanno rilevato l’operazione nel 2014 attraverso una gara d’appalto internazionale. Saindak è stata affittata per 10 anni in cambio di una quota dei profitti. 

 

Nel febbraio del 2022, il governo ha esteso il periodo di locazione per altri 15 anni. Secondo la stampa pachistana, “la quota del governo pachistano è stata aumentata dal 3 al 53 per cento, mentre la società cinese ha accettato di aumentare i pagamenti di affitto, royalty e social uplift al governo federale e a quello del Balochistan”. Cioè: finora il governo pachistano ha ricevuto solo una quota del 3 per cento dei profitti delle miniere, mentre il Balochistan, secondo i suoi abitanti, ha ricevuto meno di zero nonostante le roboanti dichiarazioni cinesi. 

 

Chagai, il distretto di cui Saindak fa parte, è uno dei più poveri del già poverissimo Balochistan. Come Chagai anche Lasbela, il distretto di cui fa parte Duddar, è uno dei più disagiati dell’area geografica. I lavoratori locali non qualificati sono pagati in media 15.000 rupie pachistane al mese (rispetto alle 40 mila della media locale) e le condizioni di lavoro sono ancora peggiori di quelle recentemente evidenziate dalla Commissione per i diritti umani del Pakistan nel suo ultimo rapporto. Secondo la gente del posto, esiste un “divieto non dichiarato” di entrare a Saindak per chiunque, soprattutto per i giornalisti.

 

Non solo: a quanto pare, la Mcc estrae da Saindak molto più di quanto ufficialmente dichiarato. La sovrapproduzione, con la complicità di una rete di fiancheggiatori che comprende politici locali e membri dell’esercito, va direttamente in Cina attraverso il porto di Karachi. Così come in Cina arriverebbero, senza essere dichiarati, i metalli rari presenti nella zona, che non fanno parte degli accordi firmati con il governo pakistano. Questi metalli, utilizzati nei dispositivi elettronici, valgono una fortuna ma il Pakistan non ne ricava un centesimo.

 

A Duddar va anche peggio. Secondo fonti locali, infatti, “sebbene la Mcc e le autorità pachistane sostengano che il sito è ricco di piombo e zinco, tra la gente del posto c’è il forte sospetto che il progetto sia coinvolto nell’estrazione di uranio. L’esistenza di giacimenti di uranio nella regione, l’estrema sicurezza della zona e la segretezza del progetto alimentano questi sospetti. Il progetto comprende almeno due impianti di lavorazione attivi e un altro abbandonato. Questi impianti sembrano avere strutture di lavorazione all’avanguardia, con imponenti torri di raffreddamento, strutture di contenimento, diverse rampe di carico, edifici e turbine per la produzione di energia.

 

I cinesi hanno anche costruito una diga sul fiume Kharrari per questo progetto. C’è un’enorme area residenziale con diverse case e appartamenti, diversi magazzini ed edifici per il deposito dei mezzi di trasporto. Ci sono anche  altre installazioni, tra cui piccoli e grandi annessi, un campo da basket, un eliporto e  aree dedicate all’agricoltura. Dalla città di Winder al sito del progetto è stata costruita una strada asfaltata all’avanguardia. È l’unica strada di questo tipo in tutta l’area. Il sito è così imponente e altamente protetto che una base di forze pachistane è dislocata all’ingresso del progetto”.

 

Inutile sottolineare che sono soltanto i cinesi a usufruire delle strutture del sito, così come a Gwadar, fiore all’occhiello del Cpec, sono soltanto i cinesi a beneficiare dei progetti di sviluppo urbanistico. Il governatore ad interim del Balochistan, Mir Jan Muhammad Jamali, ha dichiarato lo scorso maggio che il futuro economico della provincia è legato ai settori delle miniere, dei minerali e della pesca. Qualcuno dovrebbe spiegare, allora, perché tutti questi settori sono stati ceduti ai cinesi. Ufficialmente, come le miniere e i minerali, o ufficiosamente, come la pesca a Gwadar. La popolazione del Balochistan attende con ansia una risposta.

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