Biden vuole l'immunità per il saudita Bin Salman per l'omicidio Khashoggi

Paola Peduzzi

La lezione dell'impunità: il presidente americano usa ancora il realismo con i dittatori. Si sta disegnando il mondo dopo Putin: che ruolo avranno gli autocrati? 

Milano. L’Amministrazione Biden ha cercato di minimizzare e di rifugiarsi nelle procedure e nella asettica applicazione delle leggi, ma non è bastato. In un atto del tribunale presentato alla Corte federale di Washington, il dipartimento di stato americano ha raccomandato che sia garantita l’immunità al principe saudita Mohammed Bin Salman nel processo intentato da Hatice Cengiz, la fidanzata del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso nell’ottobre del 2018 nel consolato saudita a Istanbul e poi fatto a pezzi e portato via dentro a dei sacchi neri mai più ritrovati. La Cengiz ha twittato: “Oggi Jamal è morto di nuovo” e le dichiarazioni del dipartimento di stato – il suggerimento si fonda “sui princìpi della legge” e “sul diritto internazionale” che “gli Stati Uniti hanno sempre applicato ai capi di stato, capi di governo, e ministri degli Esteri, mentre sono in carica – hanno determinato un altro tweet: “Pensavamo che potesse esserci una luce nella giustizia americana, ma ancora una volta, il denaro è venuto prima”. Secondo l’Associated Press, il suggerimento del dipartimento di stato non è vincolante e il giudice deciderà se applicare o no l’immunità a Bin Salman, ma la decisione ha comunque riaperto il dibattito doloroso sul rapporto tra Biden e i dittatori ancora più rilevante ora che Vladimir Putin, a lungo considerato un autocrate governabile, ha invaso e distrutto l’Ucraina ed è stato isolato dal resto della comunità internazionale. Si sta disegnando il mondo dopo Putin: che ruolo avranno i dittatori? 

 

Prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, si pensava che Biden avrebbe cercato di dissuadere il presidente russo dall’azione militare facendo concessioni: a gennaio, Washington disse che era necessario tenere conto delle richieste di garanzie di sicurezza della Russia. L’America veniva dal ritiro dall’Afghanistan e da molti anni di ripiegamento su se stessa: l’America first di Donald Trump era ostile anche con gli alleati e per questo mal tollerata, ma già con l’Amministrazione Obama la dottrina del leading from behind aveva determinato un progressivo isolamento degli Stati Uniti visto come una necessaria ammenda dopo la guerra in Iraq. Biden, che di Barack Obama era il vice, era molto convinto della necessità di contenere la presenza o peggio l’ingerenza americana nel mondo. Con Putin, l’attuale presidente ha fatto tutto il contrario, ha attuato una strategia decisa e generosa a sostegno dell’Ucraina riuscendo a cucire un’alleanza occidentale che si è rivelata solida, coordinata e duratura.

 

Nella sua impostazione, che è la stessa che ha applicato anche nella politica interna, si sta combattendo una guerra tra democrazie e dittature e l’unico modo per salvaguardare l’ordine liberale esistente è sconfiggere le seconde. Biden non si è risparmiato contro Putin (lo ha definito “assassino”) e questa nuova forma di interventismo liberale è diventata la cifra della dottrina bideniana di politica estera. Com’è che allora il presidente americano sostanzialmente tace nei confronti del regime iraniano che pure sta reprimendo una straordinaria controrivoluzione di popolo con gli ayatollah? E com’è che ora il presidente americano preferisce garantire l’immunità a Bin Salman pur sapendo – lo ha stabilito anche l’intelligence americana – che aveva dato il suo consenso all’omicidio crudele di Khashoggi (lo ricorderete: il giornalista era andato al consolato per ritirare un visto, fu riempito di botte, ucciso e poi tagliato a pezzi da un gruppo di sicari: se fuori dal consolato non ci fosse stata la sua fidanzata ad aspettarlo e se lei non avesse dato l’allarme non vedendolo più, non avremmo nemmeno mai saputo che cosa era successo e avremmo finito per credere alle fake news che dicevano che Khashoggi fosse scappato con un’altra donna)? 

 

A luglio Biden era andato a Riad, aveva salutato calorosamente Bin Salman e già allora quella dimestichezza aveva fatto parecchio discutere, così come la formula trovata dal principe per giustificarsi dell’omicidio: non ne sapevo niente, ma poiché è stato fatto con me al potere me ne assumo la responsabilità. Gran parte del realismo di Biden nei confronti dei sauditi – così come con il regime iraniano e quello venezuelano – ha a che fare con la crisi energetica: i paesi produttori di risorse (gas e petrolio) devono necessariamente essere degli interlocutori, altrimenti la strategia di compensazione dopo l’isolamento della Russia non può funzionare. Ma la linea di credito aperta con Riad in realtà non ha portato all’aumento della produzione di petrolio richiesto, cosa che di fatto aiuta Putin. Il quale ha già brutalmente dimostrato che il costo dell’impunità dei dittatori per le democrazie è molto elevato, quasi insostenibile.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi