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La Russia rinnova per altri quattro mesi l'accordo sul grano, ma la pace non c'entra

Micol Flammini

L'illusione che il patto sui cereali sia un primo passo per i negoziati è svanita e lo dimostra il fatto che Mosca ha bombardato Odessa vicino al porto. Gli interessi legati al trasporto dei cereali però sono enormi per il mondo, per gli ucraini e per i russi, che accettano una proroga 

L’accordo che assicura le esportazioni di cereali dai porti ucraini sul Mar Nero è stato rinnovato per altri 120 giorni. Poco è cambiato rispetto alla prima stesura siglata luglio, le garanzie sono le stesse, i garanti anche e Mosca ha detto che le sue richieste devono essere ancora soddisfatte e per questo ha accettato un rinnovo inferiore a un anno. Tramite l’accordo è stato creato un corridoio di transito che ha contribuito ad alleviare la carenza alimentare, iniziata già durante la pandemia. La Russia lo ha sospeso già una volta e lo ha minacciato molte volte, ma gli interessi legati al trasporto dei cereali sono enormi, per il mondo, per gli ucraini e per i russi.

Per questo rinnovo, la Russia chiede di consentire l’esportazione di ammoniaca attraverso un gasdotto che passa per il Mar Nero, ma su questo punto ci sono pochi passi avanti, e a settembre, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva detto che avrebbe sostenuto l’idea soltanto in cambio della restituzione dei prigionieri di guerra. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu che gestisce l’accordo, ha però detto, per rassicurare la Russia, che le Nazioni Unite sono “pienamente impegnate a rimuovere gli ostacoli rimanenti all’esportazione di cibo e fertilizzanti dalla Federazione russa”, un altro punto che  Mosca considera fondamentale per la sopravvivenza del patto.

Anche questa volta è stata la Turchia a gestire il rinnovo, che ha suscitato meno dichiarazioni speranzose rispetto alla prima firma. Non c’è più l’illusione che il patto sul grano sia un primo passo per dei negoziati di pace e si è capito invece che il trasporto dei cereali è il punto di intersezione degli interessi di tutti, anche di nazioni che sembrano estranee al conflitto, ma che hanno modo di fare pressioni sul presidente russo Vladimir Putin, come l’Arabia Saudita. Se ci fosse rimasto qualcuno ancora a sperare in una pace veicolata dal grano, ci ha pensato l’esercito di Mosca a rimettere in chiaro le cose bombardando Odessa vicino al porto proprio oggi: attacco a un passo dall’infrazione dell’accordo.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.