Un poster del "Likud" appeso a una recinzione a Or Akiva (Foto di Amir Levy/Getty Images) 

Fra demografia e nazionalismo, il ritorno al potere di Bibi

Giulio Meotti

Uno sguardo alla mappa elettorale di Israele rivela due paesi e modelli di società secondo linee socio-culturali. “Netanyahu vince con la demografia e il riflusso identitario d’Israele”. Interviste 

“Voi della sinistra laica non fate figli e non vi sposate, che futuro avete?”. Moshe Zar, l’eroe di guerra che combatté nella 101esima divisione sotto Ariel Sharon e che oggi acquista terra per gli insediamenti ebraici in Cisgiordania, ha risposto così a chi gli chiedeva chi avrebbe governato Israele. La demografia riporta al potere la coalizione di destra del redivivo Benjamin Netanyahu verso la maggioranza di 65 seggi. “I dati demografici di Israele lo manterranno a destra per sempre?”, si domandava ieri Haaretz, il giornale della sinistra israeliana. 

    
Basta vedere i leader del partito di estrema destra dei “sionisti religiosi”. Di figli, Bezalel Smootrich ne ha sette, il doppio della già altissima media nazionale israeliana (altissima se paragonata ai canoni occidentali). Itamar Ben-Gvir, l’altro volto in ascesa della destra, di figli ne ha sette. Sono il terzo partito alla Knesset con ben quattordici seggi. Una drammatica trasformazione per Ben-Gvir, condannato nel 2007 per incitamento al razzismo contro gli arabi e sostegno al “Kach”, un gruppo nelle liste nere del terrorismo israeliano e statunitense. 

    
La crescita demografica israeliana ogni anno si attesta all’1.9 per cento. Ma c’è un gruppo che cresce il doppio degli altri al 3.5: gli insediamenti, la casa di Smotrich e Ben Gvir. Le due comunità più fertili in Israele sono gli insediamenti di Modi’in Ilit e Betar Ilit. La popolazione ebraica in Cisgiordania è aumentata del 42 per cento dal 2010. Il numero di abitanti nei soli due insediamenti ha raggiunto i 140.053, un aumento del 435 per cento rispetto al 2000, quando la popolazione era di appena 32.200. E in due generazioni, il 25 per cento di tutta Israele sarà composta da ultra-ortodossi (bastava vedere il milione di persone accorse lo scorso marzo a Bnei Brak, quartiere ortodosso vicino Tel Aviv, per le esequie del rabbino Chaim Kanievsky, leader della comunità ortodossa lituana). Si avvererà la profezia contenuta nel libro di Sefy Rachlewsky, “L’asino del Messia”, pubblicato nel 1998 e che annunciava, a esorcizzarlo, uno stato religioso in Israele? 

  
Uno sguardo alla mappa elettorale di Israele rivela due paesi e modelli di società secondo linee socio-culturali. “Uno stato per due nazioni ebraiche”, l’editoriale di Haaretz che fa il verso a “due stati per due popoli”. Il 40 per cento degli elettori di Ashkelon ha scelto il Likud. Meretz, la sinistra radicale, ha ottenuto l’11 per cento dei voti a Tel Aviv ma ha fallito nel raggiungere il minimo elettorale per entrare alla Knesset. A Gerusalemme gli ortodossi di Torah Judaism sono al 23,7, il Likud al 19,1, Shas al 18,3, i sionisti religiosi al 14,2, mentre il partito al potere attualmente di Yair Lapid, Yesh Atid, si ferma al 7,5 per cento. 

     
Il Likud stravince a Rishon Lezion (32), a Holon (34,5), a Netanya (35,5), a Petah Tikva (28,5), ad Ashdod (Likud 28,4), a Sderot (40)… Netanyahu ha sfondato in città periferiche e minacciate dai missili di Hamas e Hezbollah, come Kiryat Shmona e Nahariya a nord, Sderot, Ashdod, Ashkelon e Beersheba a sud. Ashdod, la terza città più povera di Israele e una di quelle che cresce di più demograficamente, si è confermata un bastione della destra. Josh Hantman, consulente di Number 10 Strategies, che ha lavorato con diversi leader politici e partiti in Israele e all'estero, dice che “con l’incredibile crescita della popolazione israeliana hai decine di migliaia di nuovi elettori ogni ciclo e questi elettori sono per definizione più giovani e molti sono soldati, che hanno maggiori probabilità di essere di destra ed eccitati dalla retorica ultranazionalista”. 

  
Durante i primi trent’anni di Israele in cui la sinistra era al potere, gli ortodossi facevano parte di coalizioni guidate dai Laburisti. Uno dei fattori trainanti dell’alleanza Haredi (coloro che hanno paura, terrore di Dio) con la destra è stata la percezione che la sinistra volesse secolarizzarli e instillare valori universali liberali. Inoltre, negli ultimi anni, gli ortodossi sono passati dal rifiuto alla scelta dell’ideologia sionista. Dagli anni ‘80, c’è stato un forte aumento della percentuale di ortodossi che sono ebrei sefarditi di origine mediorientale e che tendono a votare a destra.

     

La crisi della sinistra

“Da dieci anni in Israele c’è una maggioranza regolare di destra” dice al Foglio Ofir Haivry, storico, vicepresidente dello Herzl Institute di Gerusalemme, fra i fondatori dello Shalem College. “I partiti di centrodestra ricevono il 60 per cento del voto nella popolazione totale. Se si considera solo la parte ebraica, siamo al 70 per cento. Ma questa maggioranza si era defilata sul referendum pro e contro Netanyahu e una parte della destra che si oppone a Bibi per la sua personalità è tornata a sostenerlo. Due-tre partiti di destra erano andati a sinistra solo per la presenza di Netanyahu”. 

 
Secondo Haivry ci sono due spiegazioni: “La demografia traina la destra e la sinistra si è identificata troppo con la soluzione ‘due stati’. Ma dopo gli accordi di Oslo e gli attentati, anche molti israeliani che erano di sinistra non ci credono più. Dal 2006-2007, la stragrande maggioranza del paese vota a destra. E questo voto è anche il riflesso di tendenze popolari. In queste elezioni il partito di destra di Ben Gvir e Smootrich ha preso metà dei seggi del Likud ma chi li vota non sono religiosi, sono conservatori identitari. La società israeliana in generale è sempre più tradizionalista e conservatrice a ogni generazione, ma non in senso religioso. C’è un generale rafforzamento dell’identità”. 

  
Le città dove vince il Likud sono medio-piccole, dove la stragrande maggioranza è tradizionalista e di reddito medio-bassi. “Come Roma al Pd e le sue borgate alla destra. La sinistra di Meretz vent’anni fa aveva dodici seggi, stavolta ne ha quattro. Il Labour, che è stato per decenni il potere, il vostro Partito Democratico, è ridotto al lumicino e forse avrà quattro seggi. Il minimo storico. La sinistra è rappresentata da Yair Lapid, che è l’equivalente del vostro Renzi. Un centrista liberale nella società e che nell’economia non è distinguibile dal Likud. Lapid viene da una famiglia di destra e non si definisce mai di sinistra. Perde anche la sinistra araba antisionista. Siamo dunque di fronte a un generale e storico slittamento sempre più a destra dell’opinione pubblica israeliana”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.