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l'intervista

Il costo di non difendere l'Ucraina è superiore al costo di difenderla. Parla Parsi

Annalisa Chirico

"La Russia sta scegliendo l’escalation e ciò è provato dagli attentati terroristici contro la popolazione ucraina", spiega il professore dell’Università Cattolica di Milano. "Occorre potenziare il sostegno militare come unica forma di deterrenza contro scenari peggiori”

“Il problema non è fermare la guerra ma fermare Putin”, dice al Foglio Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. “Solo fermando Putin, la guerra si ferma. L’idea che si debba fermare la guerra fermando gli ucraini è come dire che, di fronte a uno stupro, serva un matrimonio forzato”.

Le sanzioni hanno un costo durissimo per l’Europa, e intanto l’Ucraina viene letteralmente distrutta. Ieri il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, a Porta a Porta ha detto quanto segue: “Bisogna fare attenzione alle  sanzioni: potrebbero essere un boomerang. Loro, la Russia erano  preparati da tempo, noi in Europa no”. “In realtà, la società italiana è molto preoccupata delle conseguenze concrete, fa fatica a capire che la difesa della libertà ucraina equivale alla difesa della libertà di tutti. Esiste poi un mondo antiamericano, ben rappresentato dagli striscioni comparsi alla manifestazione della Cgil, con slogan come ‘We love Gazprom, yankees go home!’. Dapprima si è detto che gli ucraini non dovevano difendersi dai russi perché sarebbe stato inutile. Adesso si dice che devono smettere di difendersi perché altrimenti le nostre aziende si impoveriscono. Le imprese italiane sono contro lo statalismo a meno che non dai soldi a loro. Non mi risulta che in America le imprese siano andate a chiedere soldi alla Casa Bianca”. Ma gli Usa hanno raggiunto l’indipendenza energetica e pagano il gas assai meno di noi. “Contro i rincari energetici, dobbiamo chiedere il price cap, lo svincolo del prezzo del gas dalla borsa di Amsterdam, i rigassificatori. Basta chiedere sempre soldi pubblici”.

 

Insomma, lei dice: la libertà ha un costo. “Esatto, la libertà costa. La vittoria di Putin costerebbe di più perché farebbe crollare l’intero sistema internazionale al cui interno esistono l’Ue, il Pnrr e la sovranità dei singoli paesi europei”. Mosca ha aperto alla possibilità di un incontro con Biden al prossimo G20 di novembre in Indonesia. Tuttavia, non s’intravvede il mediatore. “Erdogan si agita ma ha poco da offrire: mentre fornisce armi agli ucraini, viola l’embargo commerciale con i russi. Il presidente turco guida l’ultimo impero coloniale europeo sopravvissuto alla decolonizzazione. L’unico possibile mediatore, a mio giudizio, potrebbe essere la Cina perché ha una leva forte sulla Russia e ha interesse che il sistema non salti per aria. Tuttavia, non è scontato che voglia esercitare questo ruolo. Pechino sa bene che per continuare a crescere ha bisogno di noi, dei mercati europei e americani. Se Putin non rende una parte consistente dei territori occupati dal 2014 ad oggi, non ci sarà spazio per la mediazione. Il ritiro dei russi è il presupposto di una trattativa”. Chi pagherà i danni recati all’Ucraina?”. Ad oggi, sono quantificabili in un trilione di euro.

“Noi possiamo discutere sulla sospensione della condanna della Russia ma non possiamo discutere sul fatto che debba restituire il maltolto e rimborsare i danni. Come ha detto il presidente Macron, siamo in una fase di cambiamento della natura del confronto. La Russia sta scegliendo l’escalation, e ciò è provato dagli attentati terroristici contro la popolazione ucraina e dal coinvolgimento di Bielorussia e Transnitria. Occorre potenziare il sostegno militare all’Ucraina come unica forma di deterrenza contro scenari peggiori”. Il nucleare tattico è un’ipotesi realistica? “In linea di principio, tutto è possibile con un leader che non vuole fare i conti con la realtà. Nella campagna militare convenzionale i russi hanno difficoltà a reperire scarponi e mimetiche, mi domando allora come possano condurre operazioni più sofisticate in ambito nucleare”. Il ceo di Tesla Elon Musk ha proposto un piano di pace che prevede la Crimea russa, l’Ucraina neutrale e nuovi referendum nei territori occupati, sotto egida Onu. “Una proposta simile ha la stessa capacità di funzionare dei razzi di Musk per andare sulla Luna. Gli consiglio di continuare a occuparsi di finanza e spedizioni spaziali, la politica è un’altra cosa. Neanche i cinesi hanno riconosciuto l’annessione della Crimea. Oggi l’Ucraina è un paese neutrale, domani si vedrà. Se la Russia continuerà a minacciare Kiev, difficilmente si potrà chiedere agli ucraini di restare ostaggio della violenza russa”.