Editoriali
La gran frustata di Truss
Taglio alle tasse e libertà di stipendio. Non è thatcherismo, ma è da studiare
Più che il liberismo, sia neo, teorico o pratico, nella scossa economica di Liz Truss si vede il desiderio di andare rapidamente al risultato. Forse perché sa di non avere molto tempo per lasciare un segno, forse per prendere in contropiede il suo stesso partito. Le misure sono prese da varie e diverse cassette degli attrezzi, in comune hanno la rapidità nel dispiegare effetti. L’intervento per tagliare le tasse sul reddito, fatto per smuovere i consumi e non per ragioni di equità sociale, va dove i redditi ci sono e quindi riduce l’aliquota maggiore, applicata dopo le 150 mila sterline annue, dal considerevole 45 per cento a un comunque rilevante 40 per cento (da aprile 2023). E rimette libertà di stipendio nel settore finanziario. C’è bisogno di persone che spendano e ce n’è bisogno ora, sembra credere Truss, e i ricchi servono a questo. La ricerca di effetti rapidi la porta a usare altri strumenti per il sostegno alle famiglie in difficoltà.
Farà debito senza ritegno, mettendo 60 miliardi di sterline a congelare i rialzi delle bollette. Mentre il fisco si ritrae dalla tassa di registro per le compravendite immobiliari di importo inferiore a 250 mila sterline e sparisce il contributo sanitario aggiuntivo che colpiva tutti i redditi. Insomma, ce n’è per i ricchi, per la classe media e per le fasce sociali più deboli, mentre il bilancio pubblico si tingerà di rosso, ma il mondo è pieno di liquidità in cerca di titoli sovrani da comprare. La lettura prevalente sarà influenzata dalla nostra memoria e dalla nostra pigrizia e vi vedrà molto thatcherismo. Ma tutto quel nuovo debito ci porta in altri lidi, con l’astuzia di sfruttare anche l’inflazione (è un buon momento per indebitarsi). Si vede, invece della baronessa Thatcher, molto pragmatismo, un mix di soluzioni e la speranza di scuotere l’economia dopo gli choc della Brexit e del lockdown.
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