La protesta di una donna a Mosca viene interrotta dalla polizia (Ansa)

Il messaggio e la reazione

Putin mobilita e minaccia, ma il suo patto coi russi è spezzato

Micol Flammini

La mobilitazione parziale annunciata dal presidente russo aumenta l'intensità della guerra ora che l'Ucraina ha riconquistato ampie porzioni di territori. Il consenso popolare su cui il Cremlino può contare è però sempre minore

Húsavík. “L’Operazione militare speciale” per denazificare l’Ucraina, dopo sei mesi, si è trasformata in una guerra contro quello che a Mosca viene definito “l’occidente collettivo”. Per combatterla serve cambiare strategia e toni e il presidente russo, Vladimir Putin, in un discorso mattutino e preregistrato alla nazione ha annunciato l’inizio da ieri di una mobilitazione parziale in Russia, giurando di usare tutti i mezzi per raggiungere gli obiettivi di Mosca. Il decreto firmato da Putin sembra vago a sufficienza da dare al ministero della Difesa la possibilità di mobilitare più uomini oltre ai riservisti. E’ difficile che mandare al fronte soldati addestrati in fretta e con armi vecchie cambi le sorti sul campo di battaglia, dove la controffensiva ucraina va avanti. 

  

Il presidente russo ha presentato la guerra come una sfida di Mosca contro tutti, della Russia costretta a difendere il suo futuro dall’occidente che, dal 1991, anno in cui è caduta l’Unione sovietica, vuole renderla più debole. Questo futuro, che Putin dice di voler proteggere, è un passato spesso ricordato con nostalgia dai russi stessi, ma la volontà di sacrificare i cittadini in un conflitto per cui le motivazioni sono incomprensibili ai più mette l’Ucraina al fianco della guerra che meno i russi hanno compreso e sostenuto nella loro storia: l’Afghanistan, dove morirono, in dieci anni, oltre ventiseimila soldati. 

 

Putin ha giustificato la mobilitazione con la necessità di proteggere l’integrità della Russia dall’occidente che “sta spingendo Kyiv a spostare l’azione militare sul territorio” di Mosca. Questo territorio però a partire dal prossimo fine settimana potrebbe farsi più ampio, i governatori fantoccio messi dal Cremlino nelle regioni occupate hanno chiesto di organizzare un referendum per annettere le oblast di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson alla Russia, quindi qualsiasi attacco a queste zone, dopo il voto, sarà considerato come diretto alla sovranità russa. Putin ha accusato l’occidente di voler usare tutti i mezzi per distruggere la Russia, anche il “ricatto nucleare”, mai utilizzato in realtà dai paesi occidentali. E’ stato invece il capo del Cremlino a ricordare che Mosca “ha varie armi di distruzione più avanzate di quelle dei paesi della Nato”.  

 

Dopo il discorso di Putin, è stata trasmessa l’intervista al ministro della Difesa Sergei Shoigu, una delle colonne portanti del conflitto, che ha chiarito quanto il presidente aveva detto già in modo deciso: “Stiamo uccidendo, uccidendo e uccidendo, e quel momento è arrivato: siamo in guerra con l’occidente collettivo”. Il tentativo di trasformare il conflitto in una lotta contro la Nato e gli Stati Uniti e non più come un sacrificio per liberare gli ucraini è l’atto estremo di una guerra che anche per i russi è vista spesso come fuori dal tempo.

 

Ora Putin obbliga i suoi cittadini a schierarsi con la guerra, non sarà più permesso fare finta di nulla, o guardarla dal divano, attraverso gli occhi deformanti della propaganda: il conflitto entrerà in casa, diventerà un affare di famiglie, di padri, figli, fratelli. Ha scommesso sul nazionalismo russo, sulla fedeltà del suo popolo al mondo russo, ma anche questo calcolo, come quello che lo ha portato a dichiarare la guerra contro l’Ucraina, potrebbe essere sbagliato. I russi provano un forte orgoglio nazionale, ma potrebbero non essere disposti a morire per il nazionalismo e hanno più a cuore la loro sopravvivenza che le vittorie del Cremlino.

 

Il consenso del presidente russo si basava sulla garanzia di stabilità e di un tenore di vita accettabile, la guerra prima e la mobilitazione dopo hanno portato in Russia il contrario, e la paura di potersi ritrovare al fronte da un momento all’altro. Putin ha tradito il patto con i russi. Dopo l’annuncio della mobilitazione, è aumentata la vendita di biglietti aerei per capitali come Istanbul e Tbilisi, in alcune città sono iniziate proteste contro la mobilitazione, che in russo si dice mobilizacja, ma le persone hanno già iniziato a chiamarla moghilizacja. Un gioco di parole dal termine moghila, che vuol dire tomba. 

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.