(Foto di Ansa) 

dispute marittime

I pescatori sono stanchi del bullismo cinese. Pure in America Latina

Maurizio Stefanini

Nell'ultima conferenza Onu, gli Usa hanno accusato la Cina di essere il primo responsabile di pesca illegale, soprattutto nelle acque latino-americane: l'ultimo fatto in Uruguay lo dimostra. Ma i governi locali non vogliono inimicarsi Pechino

Sono 14 cittadini cinesi e 14 indonesiani i membri della ciurma del Lu Rong Yuan Yu 606, il peschereccio cinese con a bordo 11 tonnellate di calamari pescati illegalmente nelle acque dell’Uruguay che si trova da una settimana sotto sequestro nel porto di Montevideo, mentre i marinai sono in stato di arresto. Il peschereccio era stato individuato a 280 chilometri da Punta del Este, secondo la Marina uruguayana, e aveva provato a scappare “dopo aver ricevuto l’avviso che sarebbero stati abbordati per una visita e ispezione”. Quando si dice, la coscienza sporca… Per fermarlo, hanno dovuto sguinzagliare non solo la flotta, ma pure l’aviazione. Essendo l’Uruguay uno stato di diritto, le autorità di Montevideo hanno chiarito che ora inizierà il processo e che “bisogna accertare se i calamari a bordo provenissero da pesca illegale”. Ma il tentativo di fuga suona quasi confessione, come il fatto che il bottino fosse stato accuratamente nascosto: non era stato trovato a una prima ispezione, e ce ne è voluta una seconda più approfondita. 
Che la Cina abbia scatenato centinaia di pescherecci a saccheggiare le acque dell’America Latina è ormai cosa notoria. La flotta è stimata in circa 350 unità, e c’è addirittura una specie di calendario, per cui ad esempio nel 2021 da gennaio ad aprile la maggioranza dei pescherecci cinesi ha pescato calamaro nordico nell’Atlantico sud-occidentale, vicino alla Zona economica esclusiva argentina, mentre una minoranza pescava calamari giganti nel Pacifico sud-orientale, a 100-200 miglia sud-est dalla Zona economica esclusiva ecuadoriana delle Galapagos. Da maggio e giugno i 350 pescherecci si sono concentrati tutti a 100 miglia dalle Galapagos, per poi scendere verso sud, e tra settembre e dicembre passare dal Perù all’Argentina. Tra le prede anche tonni, squali, delfini, tartarughe, marlin e mante. 


La pesca illegale è sesta, tra le attività illecite, per giro di affari a livello mondiale, con stime tra i 15 e i 36 miliardi di dollari di ricavi all’anno. La settimana scorsa durante una conferenza Onu in Portogallo sul recupero ambientale degli oceani, gli Stati Uniti avevano accusato Pechino di essere il primo responsabile di pesca illegale. L’attività criminale rappresenta il 20 per cento del totale, ma nelle acque latino-americano è di più, fino ad arrivare al 50 per cento del Messico. Per via del fatto che la forte domanda di prodotti ittici da parte della propria popolazione ha da tempo esaurito le risorse locali, la Cina ha in effetti la più grande flotta al mondo per la pesca in acque lontane: 2.600 unità, di cui un terzo che si dedica alla pesca del calamaro. 
Con i governi di sinistra del Frente Amplio, l’Uruguay sembra aver chiuso più di un occhio di fronte a certe attività. Secondo la ong Oceana, nel 2017 Montevideo era il secondo porto al mondo per volume di pesca illegale, e secondo il Dipartimento di stato americano, tra il 2018 e il 2020, sempre a Montevideo sarebbero stati scaricati 17 cadaveri di marinai di pescherecci. Insediato il primo marzo 2020 e in base ai sondaggio in questo momento presidente più popolare di tutto il Continente americano, Luis Alberto Lacalle Pou del Partido Nacional ancora, a novembre del 2020 aveva offerto l’Uruguay come base perché la Cina potesse “offrire i suoi prodotti e servizi alla regione”. Ma sembra che adesso abbia perso la pazienza.


E’ un po’ una novità, in un’America latina dove finora i pescherecci cinesi hanno potuto spadroneggiare impuniti, contando sul fatto che i governi locali non si vogliono inimicare Pechino, e le opinioni pubbliche sono più abituate a prendersela con gli Stati Uniti che con altri. Ma gli ambientalisti iniziano a protestare e anche i pescatori locali, costretti a cercare nuove zone di pesca per l’esaurimento di quelle tradizionali. Sia i cinesi sia i pescatori locali sotto pressione hanno iniziato a saccheggiare zone marittime protette, come la Reserva de Malpelo in Colombia o le già citate Galapagos. Il 4 novembre 2020 i governi di Colombia, Ecuador, Perù e Cile avevano dunque preso una posizione comune di condanna della pesca illegale cinese, e nel 2017 alle Galapagos una nave da guerra ecuadoriana aveva addirittura sparato cannonate di avvertimento per costringere a fermarsi un peschereccio cinese, a bordo del quale erano state trovate 300 tonnellate di carne di squalo. Sempre in Ecuador un peschereccio cinese sequestrato è stato trasformato in nave da guerra, mentre in Argentina un altro è stato affondato per farne una attrazione turistica sottomarina.

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