(Foto di Ansa) 

"Work" in progress

Settimana lavorativa da 4 giorni: dove è stata testata e dove è già realtà

Mariarosa Maioli

Dal Regno Unito alla Nuova Zelanda, ecco una mappa dei paesi che hanno avviato progetti e test per valutare gli effetti di un giorno lavorativo in meno su produttività e salute dei propri dipendenti 

Mentre si anima il dibattito sul salario minimo, dopo che l'Ue ha proposto di fissarne i criteri raggiungendo l'accordo per una direttiva europea. una notizia dal Regno Unito rilancia il tema della settimana lavorativa corta. Qualche giorno fa Londra ha annunciato di aver supportato il progetto firmato dal centro di ricerca Autonomy e dalla Ong 4 day week global, un test a cui aderiranno migliaia di lavoratori di settori e imprese diverse avviando la sperimentazione più ampia al mondo sulla rimodulazione dell'orario lavorativo. 

Il test consiste nel lavorare un giorno in meno a settimana mantenendo lo stesso stipendio, al fine di analizzare l'effetto sulla produttività. L'idea è molto allettante per molte persone abituate a lavorare 40 ore settimanali, se non di più. In molte altre parti del mondo, sperimentazioni del genere sono già state avviate. Ecco com'è andata, paese per paese. 

Islanda

La nazione nordeuropea è stata una delle prime a testare, dal 2015 al 2019, il grado di produttività dei lavoratori a parità di salario ma con una settimana lavorativa di 4 giorni, per un totale di 35 o 36 ore settimanali. Ne è emersa una migliore produttività nella maggior parte dei luoghi di lavoro; gli stessi lavoratori hanno affermato di essere meno stressati, riuscendo ad equilibrare lavoro e vita privata, trascorrendo maggior tempo con la famiglia o svolgendo faccende domestiche e hobby. A oggi l'86 per cento dei lavoratori, avendone la possibilità, ha scelto questo orario lavorativo

 

Belgio

Come ha riportato Forbes, il governo belga a inizio 2022 ha fatto alcuni passi verso le richieste dei lavoratori: dopo aver formalizzato il “diritto alla disconnessione”, ovvero la possibilità di non rispondere alle chiamate o email lavorative fuori dall'orario di lavoro, ha introdotto la settimana di 4 giorni. Il primo ministro Alexander de Croo ha spiegato tale decisione ricordando i due anni di pandemia: “Vogliamo un'economia più innovativa, sostenibile e digitale, rafforzando le imprese e le persone”. L'accordo deve avvenire tra dipendente e datore di lavoro che dovrà fornire solide ragioni per poter rifiutare la richiesta. Dopo un periodo di prova di 6 mesi, entrambi decideranno se proseguire o meno. Nel caso del Belgio non si tagliano le ore lavorate ma si condenseranno in meno giorni: un modo per rendere più dinamica l'economia e più facile la vita famigliare e privata.

 

Spagna

All'inizio del 2021 il partito di sinistra Más País ha avviato delle trattative con il governo per ridurre la settimana lavorativa arrivando a 32 ore: il test, avviato in autunno dello stesso anno, durerà tre anni. Dopo la pandemia da Covid, già alcune aziende del paese avevano anticipato l'idea: due società, la catena di ristoranti La Francachela e la società di gestione degli spazi per eventi aziendali Ephimera, sono passate da 65 ore settimanali a 40. Insieme a loro anche la società di software Delsol, che da gennaio 2020 ha ridotto l'orario fino a 36 ore settimanali, e il gruppo Simeon Capital di Granada, con 200 dipendenti, che ha ridotto del 30 per cento la giornata lavorativa a parità di stipendio. Inoltre, anche alcune aziende straniere come il gruppo tedesco Cib, con sede a Las palmas e Valencia, e Microsoft, hanno introdotto lo stesso approccio.

 

Giappone

Può sembrare strano vedere in questa lista anche il Giappone, che da sempre è riconosciuto per essere uno degli stati in cui la cultura del lavoro è la più rigida e stringente: addirittura è stato coniato un termine “karoshi” per indicare la morte da troppo lavoro. Eppure Microsoft nell'agosto 2019 aveva testato la settimana lavorativa corta, confermando un aumento della produttività del 40 per cento. Anche Panasonic ha annunciato a gennaio di introdurre la settimana di 4 giorni per promuovere un equilibrio mentale maggiore nei propri dipendenti. Nonostante queste eccezioni, nel paese l'orario lavorativo è rimasto il medesimo.

 

Emirati Arabi Uniti

Rashid Abdullah Al Nuaimi, sottosegretario aggiunto per la comunicazione e le relazioni internazionali ha annunciato a inizio maggio una settimana lavorativa di 4 giorni e mezzo e lo spostamento del fine settimana, che nei paesi islamici è considerato venerdì e sabato, da sabato a domenica. “L'approccio è stato studiato con attenzione, in modo che ne beneficino tutti i segmenti della società, anche se a prima vista può sembrare che a beneficiarne siano soprattutto le aziende”, ha detto Abdullah Al Nuaimi. “Crediamo fermamente che la settimana corta sia un bene per i dipendenti e le loro famiglie. Le aziende trarranno sicuramente beneficio dall'allineamento con gli orari di lavoro internazionali e potranno inserirsi più facilmente nei mercati globali”. La riforma è stata applicata prima a uffici pubblici e scuole. Il settore finanziario ha seguito a ruota e presto la riforma sarà estesa anche al settore privato.

 

Scozia

Nel paese è stato approvato il test a fine 2021: la settimana lavorativa corta non è quindi una realtà per tutta la Scozia ma un progetto (probabilmente avrà inizio nel 2023) proposto dallo Scottish National Party, che ha previsto anche un finanziamento di 10 milioni di sterline. I lavoratori avranno il loro orario ridotto del 20 percento ma non subiranno alcuna perdita di compenso: secondo un sondaggio condotto dal governo scozzese, l'80 percento degli intervistati si sono mostrati propositivi all'idea. I datori di lavoro, invece, guardano con più diffidenza la proposta.

 

Nuova Zelanda

Già dal 2018 alcune aziende hanno proposto ai loro dipendenti una settimana lavorativa corta, come Perpetual Guardian e Unilever, il cui amministratore delegato Nick Bangs ha affermato: “Il nostro obiettivo è misurare le prestazioni sull'output, non sul tempo. Riteniamo che i vecchi metodi di lavoro siano obsoleti e non più adatti allo scopo.” Il primo ministro Jacinda Arden ha colto al balzo l'innovativo progetto, lanciando un appello alle aziende del paese: dopo la pandemia, L'idea di fondo è che la settimana lavorativa corta può essere uno strumento per rilanciare il turismo e agevolare la vita lavorativa dei neozelandesi. 

 

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