Tra virgolette

Stoltenberg dice che la Nato ha il dovere di ricordare la brutalità di Putin, per essere più pronta

Il carattere degli alleati. Una conversazione con Tom McTague dell'Atlantic

Redazione

La terza via (falca) del segretario generale dell'Alleanza atlantica tra America ed Europa in guerra

Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha fatto una conversazione con Tom McTague dell’Atlantic in cui va oltre la forza militare e arriva al carattere, alla natura dell’occidente. Stoltenberg ripete che l’Alleanza è pronta a difendere “ogni centimetro” del suo territorio e che il modo per mantenere la solidarietà e il sostegno – militare, politico, umano – all’Ucraina è non dimenticare. “Stiamo parlando di persone che vengono ammazzate, di atrocità, di bambini e donne violentati, di bambini uccisi”, dice Stoltenberg, “è estremamente importante  che non dimentichiamo la brutalità, perché questo ci spinge a mobilitarci, ad avere la solidarietà di cui avremo bisogno per molto tempo”. Nel mezzo dell’Europa c’è uno sconvolgimento brutale cui non dobbiamo abituarci, dice il leader della Nato, non ora che la macchina della guerra russa ottiene dei risultati. 

 

E non ora che abbiamo perfetta consapevolezza del fatto che la guerra sarà lunga. Secondo Stoltenberg, il conflitto si concluderà a un tavolo di negoziato e non, come alcuni si augurano, con una specie di resa incondizionata di una parte come accadde nella Seconda guerra mondiale: per questo rifiuta le richieste di molte parti di trovare una via d’uscita onorevole per Vladimir Putin, è al contrario cruciale per la sicurezza occidentale che il presidente russo paghi il prezzo più alto possibile per l’aggressione all’Ucraina. Per questo il carattere di questa alleanza deve comprendere la capacità di adattamento. Stoltenberg è l’incarnazione di tale abilità, lui che è il più longevo segretario generale della Nato degli ultimi quarant’anni e che sta assistendo a una trasformazione epocale, che comprende un aumento delle spese destinate alla Nato, un maggiore coinvolgimento americano in territorio europeo e un fronte est straordinariamente rafforzato. In vista del vertice di Madrid previsto alla fine del mese, Stoltenberg dice di essere “assolutamente fiducioso del fatto che gli alleati sapranno prendere le decisioni che ci garantiscono la possibilità di essere sempre in grado di adattarci”. 

 

Tom McTague, che si conferma un autore imprescindibile, incalza Stoltenberg su quello che considera un conflitto tra l’obiettivo finale degli americani e degli europei: i primi vogliono sconfiggere la Russia e sminuire la sua potenza nel lungo periodo; i secondi sperano in un cessate il fuoco e pensano che Kyiv debba accettare la possibilità di fare delle concessioni territoriali a Putin. Stoltenberg individua “una specie di terza via falca che calza perfettamente con la sua immagine di Tony Blair norvegese”, scrive McTague, e che ritrova poi anche quando parlano della Cina. Il leader della Nato articola così: “Quel che accade al tavolo negoziale è del tutto dipendente da quel che accade sul campo di battaglia, quindi dobbiamo fare sì che l’Ucraina si ritrovi nella posizione più forte possibile che le consenta di sostenere il suo diritto all’autodifesa e a proteggere la sovranità nazionale. Ed è esattamente quello che gli alleati stanno facendo”. L’occidente deve trovare il punto di equilibrio tra l’aiuto all’Ucraina a contrastare Putin ed evitare un’escalation: Stoltenberg dice che per questo servono forza e impegno, non debolezza e concessione.

 

Alla fine della conversazione, McTague si guarda attorno, commenta con il segretario della Nato le foto che tiene in ufficio. Ce n’è una di Utoya, l’isola norvegese dove un suprematista bianco fece strage di ragazzi, ne morirono 69. Come fa una società abitauta alla pace a rispondere alla violenza bruta?, chiede McTague. Gli estremisti di ogni natura condividono l’idea “di poter utilizzare la forza, uccidere esseri umani e ottenere risultati politici”, dice Stoltenberg. Fissa la foto di Utoya ma parla della guerra in Ucraina e di come si forgia il carattere occidentale per mantenere risolutezza, unità e memoria.