(Foto di Ansa) 

Le elezioni di maggio

La terza via dell'Irlanda del nord

Francesco Gottardi

I riformisti di Alliance conquistano il 4,5 per cento in più ai seggi con una proposta di convivenza: "Vogliamo dialogo e superamento dell'ordine costituito", ci dice il neoeletto Nick Mathison

Nazionalisti e unionisti. Cattolici e protestanti. Croce celtica e Union Jack. Alla fine, tutto si riduce a questo: nella terra dei dualismi, come si traccia la terza via? “Cambiando l’enfasi delle cose”, sorridono dal quartier generale di Alliance. “All’interno del nostro partito, ognuno può sostenere l’unione delle due Irlande o l’Irlanda del nord all’interno del Regno Unito. Su questo siamo agnostici e lasciamo totale libertà di scelta. Su tutto il resto abbiamo le idee molto chiare. E un obiettivo in testa: far funzionare il nostro paese”. E’ così che le forze liberali e riformiste hanno fatto breccia alle elezioni di maggio, dove Sinn Féin è diventata la prima forza dell’Assemblea legislativa nordirlandese. Ma il vero balzo in avanti è stato di Alliance: un aumento del 4,5 per cento sulla turnata precedente (13,5 per cento dei voti totali), unico partito a guadagnare seggi. Uno di questi, fra i membri neoeletti, è occupato da Nick Mathison, che a Strangford ha rilevato la carica dell’unionista Peter Weir.

 
“Ci stavamo lavorando da tempo”, dice Mathison al Foglio. “Alliance ha sempre avuto un certo grado di rappresentanza sin dagli anni Settanta, ma senza riuscire a sfondare”. La svolta? “Brexit e l’elezione di Naomi Long, la nostra leader, al Parlamento europeo: lì molti cittadini hanno iniziato a credere che un voto per noi non sarebbe stato un voto buttato”. Così dal 2016 a oggi, Alliance ha raddoppiato i propri consensi. “Mentre si aprivano le menti, l’uscita dall’Unione europea e la fallimentare gestione del Dup (il partito unionista, ndr) hanno portato all’immobilismo politico scatenando il disappunto dei centristi. La maggior parte dei nordirlandesi vuole un paese progressista, inserito in un contesto globale soprattutto ora che la nostra economia procede bene: non il satellite di un Regno Unito indebolito. Gli unionisti invece hanno lasciato che la Brexit ci colpisse secondo le modalità di Londra”. E’ soprattutto in quell’area che Alliance ha fatto incetta di voti. “Ma anche fra i giovani e fra tutti coloro che vogliono una civiltà aperta, con pari diritti per ogni gruppo sociale senza riconoscersi più nel dibattito Irlanda contro Regno Unito. Ormai esacerbato”.


Per Mathison e soci la campagna elettorale è stata dura. “Alla fine, l’attività porta a porta ha pagato: ora tutta l’Irlanda del nord ci considera una forza moderata, anti settaria, orientata al futuro. Long è stata molto abile a cogliere l’attimo e a stringere rapporti con gli altri partiti di centro nel continente”, quando Alliance faceva parte di Renew Europe – lo stesso gruppo di En Marche, Azione e i Democraten 66, simili per traiettoria ascendente nei Paesi Bassi. “La nostra prossima sfida è la riforma dell’Assemblea”.

 
Perché third way non significa Irlanda del nord indipendente, “qualcosa di impensabile e privo di senso per una regione periferica come la nostra”. Ma superamento dell’ordine costituito. “Gli accordi del Venerdì Santo”, nel 1998, “hanno segnato una tappa essenziale per la pace, al prezzo però di congelare il dualismo nelle istituzioni”. La legge prevede infatti che il primo ministro – ruolo solo formalmente più prestigioso – e il vice primo ministro siano congiuntamente a capo dell’esecutivo nordirlandese, e che questi debbano essere esponenti delle due principali forze politiche. Una forma di consociativismo che ha sempre garantito equilibrio fra nazionalisti e unionisti. “Ma ora che Sinn Féin, vincitore delle elezioni, avrebbe per la prima volta il diritto di eleggere un suo primo ministro, il Dup si rifiuta di formare il governo fino a quando non verranno intraprese azioni decisive sul Protocollo post Brexit. Per ripicca, insomma”.


Secondo gli unionisti, i controlli doganali a protezione del mercato unico europeo rischierebbero di far ripiombare le due Irlande ai tempi dei Troubles, i vecchi conflitti armati. “Ma ai Troubles ci torneremo se non saremo in grado di garantire un esecutivo stabile”, ribatte Mathison. “L’unica via è il dialogo attivo. Questo stallo è solo l’ultimo esempio delle problematiche degli attuali pesi e contrappesi: ci vogliono, ma senza vincoli di partito. In un sistema aggiornato. Per fortuna solo un’esigua minoranza sostiene il ritorno alle armi: proprio per questo è fondamentale avere istituzioni efficaci, che non lascino vuoti politici colmabili dagli estremisti”. Nick ha 42 anni, è papà di due figli e li vuole crescere “in un contesto libero dalle contrapposizioni ideologiche e religiose”. Dopo anni di attivismo locale, sente che la grande occasione è arrivata. Per lui, per Alliance, per l’Irlanda del nord: “Un paese prospero e all’avanguardia”.