Editoriali

Il partygate penalizza il Boris Johnson nel voto locale. Il Labour non stravince

Redazione

Al popolo il premier festaiolo non è piaciuto, né è piaciuta la gestione mezza contrita e mezza menzognera dello scandalo. Ora i Tory sono di nuovo tentati dall’idea di fare i conti con BoJo

Il premier britannico, Boris Johnson, è stato punito nelle urne a causa del partygate, lo scandalo delle feste a Downing Street durante il lockdown. Ieri sono usciti i risultati delle elezioni locali in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del nord e il Partito conservatore non ne esce bene. Il voto locale dà sempre molti messaggi anche diversi tra loro, e trovare la sintesi non è sempre facile. In generale si può dire che nel 2018, Labour e Tory rimasero appaiati proprio come lo erano stati alle legislative dell’anno precedente; nel 2019 vinse l’astensione; nel 2021 i Tory vinsero. Queste elezioni sono le prime in cui il leader laburista, Keir Starmer, riceve il suo primo, vero sostegno dell’elettorato, è migliorato rispetto all’anno passato, ottenendo il miglior risultato dal 2012, pur viziato anche dal suo scandaletto (una birra con i colleghi durante il lockdown). Ma la sintesi riguarda più il premier e la sua sconfitta.
 

Durante la campagna elettorale, i candidati locali hanno preso le distanze dal premier, cercavano  di specificare, nei volantini e nei comizi,  che c’era una differenza tra l’attività del partito a livello locale e l’approccio adottato a Londra, anzi  a Downing Street. E’ lì che si è consumato lo scandalo dei festini e del leader cosmopolita ed elitario che aveva pensato di poter ammansire e conquistare il popolo, in quella forma ibrida di populismo adottata da Johnson in particolare sulla Brexit (Brexit che peraltro si sta facendo molto a rilento perché è costosissima e anche i falchi l’hanno capito). Al popolo il premier festaiolo non è piaciuto, né è piaciuta la gestione mezza contrita e mezza menzognera dello scandalo.  E così ha votato per gli altri. Ora i Tory sono di nuovo tentati dall’idea di fare i conti con Johnson, tentazione che sentono e reprimono da dicembre. Non è detto che sia la volta buona, nonostante le dichiarazioni deluse, perché alcune regioni ambite hanno tenuto – il cosiddetto red wall diventato blu grazie a Johnson nel 2019 – e perché quando s’affaccia la minaccia più sentita, quella della sinistra, i ranghi si ricompattano subito.

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