(foto Ansa)

lo scenario

Il candidato Macron s'è messo in moto e riduce gli spazi della rivale

Jean-Pierre Darnis

Il presidente sta uscendo dalla rigididtà di chi sta al governo per tornare nella condizione di chi è in grado di mediare e aprire: cosa che Le Pen invece non può fare

Emmanuel Macron è arrivato in testa al primo turno delle presidenziali francesi con il 27,84 per cento dei suffragi, superando Marine Le Pen che con il 23,15 arriva al ballottaggio. Macron ha migliorato il risultato ottenuto nel primo turno del 2017 quando ebbe il 24 per cento dei voti. Che succede ora? Se guardiamo all’aritmetica, Marine Le Pen potrebbe beneficiare dei voti provenienti dall’elettorato di Eric Zemmour, di Nicolas Dupont-Aignan e dell’ala di destra dei Républicains, un bottino che si aggira intorno al 10 per cento dei voti. Macron invece potrebbe ricevere i voti della socialista Anne Hidalgo, dell’ambientalista Yannick Jadot, del comunista Fabien Roussel nonché una parte dei voti dei Républicains, per un totale anche per lui intorno al 10 per cento. Questi voti quindi si annullerebbero a vicenda. Ci sono però i voti del candidato di sinistra Jean-Luc Mélenchon che dopo il prima turno ha chiesto ai suoi lettori in modo molto esplicito di “non votare per Marine Le Pen”: il suo 22 per cento dei suffragi dovrebbe dividersi fra astensionismo e voto per il presidente. Macron ha probabilmente riserve di voto superiori a quelle della Le Pen, o perlomeno non inferiori: dato il vantaggio al primo turno, questo dovrebbe portarlo a superare la Le Pen al secondo. 

Al di là del ragionamento sui numeri, però, bisogna anche interrogarsi sulla dinamica della campagna elettorale. Al primo turno, un Macron assorbito dagli impegni relativi alla guerra in Ucraina non ha quasi fatto campagna elettorale, ma ha beneficiato lo stesso di una forte fiducia legata anche alla crisi del momento che spinge a privilegiare chi sta già esercitando il potere. Adesso però per concretizzare questo buon risultato deve entrare nel vivo della campagna, cioè deve essere in grado di portare avanti un discorso e un progetto di apertura e di mediazione, anche per poter attingere al suo principale serbatoio di voti freschi: l’elettorato di sinistra. Bisogna praticare un abile “en même temps”, convincendo questa parte politica che votare per lui significa bloccare l’estrema destra in nome dei principi repubblicani, ma anche dare un voto a un candidato capace di proporre una serie di misure sensibili rispetto alle questioni sociali ed ecologiche. 

Macron sembra aver capito in fretta il punto, dopo un iniziale tentennamento. La sera dell’esito del primo turno il presidente ha letto in modo un po’ meccanico il suo discorso che pure conteneva le parole giuste ma Macron era ancora restio ad abbandonare la veste di presidente per rimettersi  in gioco con quella di candidato. Il giorno dopo invece ha organizzato una prima visita a Denain, un comune disagiato del nord della Francia, terra problematica di deindustrializzazione, dove si è immerso in uno di quei “bagni di realtà” che ha spesso cercato in passato, con una riunione nel bel mezzo di un feudo elettorale del Rassmeblement national. In passato, in piena crisi dei gilet gialli, Macron aveva sperimentato con successo le riunioni con i sindaci delle zone più isolate, per ascoltare ed essere ascoltato direttamente dal paese reale nel tentativo di contrastare la tendenza nichilista che stava crescendo sul territorio.

Macron ha rilanciato la sua campagna elettorale in vista del secondo turno con la stessa logica, mettendosi in gioco davanti alle parti più critiche del paese. Questa esperienza gli offre un campione utile per analizzare i punti dolenti della sua offerta politica ed elaborare, anche in fretta, delle risposte in grado di smussare gli angoli delle sue proposte. Macron ha mostrato un’incredibile capacità dialettica nel corso del suo mandato, ma anche una dote di pragmatismo e di flessibilità. Quando dichiara che il fronte repubblicano in chiave anti Le Pen non esiste più, o perlomeno non esiste nello stesso modo del 2017, e che deve “arricchire” il suo progetto per suscitare un’adesione più larga, apre la porta a delle evoluzioni per mitigare alcune riforme che stanno suscitando un’opposizione diffusa, come l’innalzamento dell’età pensionabile. Macron sta uscendo della rigidità di chi sta al governo per tornare alla condizione di candidato in grado di mediare e aprire:  gli spazi politici di Marine Le Pen sembrano così molto ridotti perché lei non può effettuare un’operazione simile, e si ritroverà sulla difensiva. Certo tutto può succedere, ma il candidato Macron si è messo in moto, e sembra in grado di rinsaldare il buon risultato già conseguito al primo turno.

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