I progetti di Xi

Per tornare a crescere la Cina punterà sul settore tech e sulle città interne

Giorgio Arfaras

Lo sviluppo cinese sposta il proprio asse. Dalle città costiere a quelle dell’interno, perché lo sviluppo è ora trainato dalla tecnologia, che non ha bisogno di essere trasportata come i beni industriali e nemmeno degli sbocchi sul mare

Se le tensioni politiche e militari emerse con l’invasione dell’Ucraina si aggravassero, rileverebbe capire che cosa accadrebbe fra la Cina e i paesi liberali. Se le tensioni politiche e militari, invece, rientrassero, rileverebbe capire quali sono i nuovi obiettivi economici della Cina e quale impatto potranno avere sull’economia mondiale. Quali sanzioni si potrebbero mettere in opera nei confronti della Cina, se quest’ultima si allineasse con la Russia, formando l’“asse delle autocrazie”? E se invadesse Taiwan? Come nel caso della Russia, i paesi liberali potrebbero congelare le riserve della Banca centrale cinese  all’estero, e  potrebbero impedire le transazioni con le banche cinesi. I cinesi, per ritorsione, potrebbero congelare i beni occidentali  in Cina, come gli stabilimenti e le attività finanziarie. Le attività cinesi all’estero e quelle estere in Cina all’incirca si equivalgono. Nel caso della Russia, invece, non si aveva nemmeno lontanamente questa equivalenza. L’arma negoziale della Russia sono le materie prime non rinnovabili esportate in pochi paesi, soprattutto europei, che sono la fonte maggiore delle sue importazioni. Nel caso cinese l’arma negoziale sono i non pochi beni occidentali  in Cina e le esportazioni distribuite su più paesi, sebbene con una forte prevalenza verso quelli liberali, che la rendono relativamente indipendente dalle sanzioni.

 

Negli ultimi decenni la Cina ha registrato un enorme sviluppo economico legato all’urbanizzazione di mezzo miliardo di persone intanto che era resa disponibile la tecnologia occidentale. Lo sviluppo cinese, di conseguenza, è stato trainato dagli investimenti in infrastrutture e, in misura minore, dalle esportazioni. Esauriti questi due motori, la Cina vuole tornare a crescere molto, puntando sul settore tecnologico, il cui sviluppo è, nei programmi, spinto dallo stato, che lo guida e che contribuisce a finanziarlo. Questa spinta si accompagna all’obiettivo, ribadito da Xi Jinping, di una “prosperità comune”. La Cina ha, infatti, una distribuzione del reddito marcatamente diseguale, e, per un paese privo di stato sociale e governato da un partito unico comunista, è imbarazzante. In assenza di democrazia, la fonte maggiore di consenso è lo sviluppo economico.

 

La ricerca dello sviluppo diverso, trainato non più infrastrutture ed esportazioni, e che cerchi allo stesso tempo di raggiungere una maggiore “prosperità comune”, ha due direzioni. Lo sviluppo delle tecnologia, la prima direzione, che avverrebbe soprattutto nelle città dell’interno, cioè la seconda direzione. Molte delle città dell’interno sono state costruite dal nulla, hanno un numero di abitanti impressionante, e non si sono mai sviluppate. La sviluppo cinese sposta così il proprio asse. Dalle città costiere che avevano il vantaggio di essere dei porti da cui partivano gli scambi con l’estero, alle città dell’interno per le quali la mancanza di porti non rileva, perché lo sviluppo è trainato dalla tecnologia che non ha bisogno di essere trasportata  come i beni industriali. Lo sviluppo tech non è nel campo del consumo legato a internet, bensì nel campo detto hard, come i semiconduttori, il software industriale, il processo dei big data.

 

Così come la prima grande crescita cinese era centrata sui contadini che andavano in città soprattutto costiere, la seconda grande crescita è centrata sulla manodopera qualificata che va verso le città dell’interno. La prima grande crescita cinese è avvenuta, come in tutti i paesi che si sono industrializzati, con il 7 per cento della manodopera che non aveva mai frequentato una scuola superiore. Questa volta la manodopera richiesta è ad alta qualificazione, e non è detto che sia disponibile in numero sufficiente. In ogni modo, per la manodopera e per le imprese, poche o molte che siano, disponibili a trasferirsi nelle città dell’interno, si devono avere come incentivi, oltre a quelli finanziari disposti dal centro del sistema, anche quelli delle autorità locali, come le licenze edilizie, le riduzioni di imposta, i servizi.

 

Che i cinesi riescano o meno nell’intento di cambiare la natura del loro sviluppo economico non è dato sapere qui e ora. Per capire come potrà dispiegarsi la nuova strategia andrebbero evitati gli estremi dei due approcci tradizionali di giudizio: quello che pensa che l’economia dirigista riesce a fare tutto, e quello che pensa che in assenza di liberi mercati e certezza del diritto non si riesce a ottenere nulla.  

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