La Cina ha paura che la Nato si espanda fino al Pacifico

Giulia Pompili

L’idea di una Nato globale, che arrivi e punti soprattutto al Pacifico, comincia a essere sempre più discussa, anche pubblicamente. Per ora non c’è niente di concreto, e anzi tutte le attività dei governi della grande alleanza democratica, anche in Asia, riguardano la diplomazia piuttosto che la Difesa. Il primo ministro giapponese Fumio Kishida  sarà a Roma tra meno di una settimana per parlare con il presidente del Consiglio Mario Draghi di rafforzare la cooperazione nel Pacifico, poi volerà a Londra. Il presidente americano Joe Biden, qualche giorno dopo, volerà a Seul e a Tokyo. 


Il rafforzamento della diplomazia potrebbe essere un primo passo per rafforzare anche la Difesa e mettere sullo stesso piano l’aggressività di Russia e Cina. 
In un lungo discorso Liz Truss, segretario di Stato per gli Affari esteri del Regno Unito, dice che la Nato “deve avere una prospettiva globale, pronta ad affrontare le minacce globali” e che l’alleanza dovrebbe “garantire che le democrazie come Taiwan siano in grado di difendersi”. L’altro ieri alla conferenza indiana di geopolitica, i Raisina Dialogue, l’ammiraglio John Aquilino, a capo del comando americano dell’Indo-pacifico, ha detto: “Non penso che sia necessariamente una cosa negativa se diversi paesi vogliono unirsi per condividere sicurezza e prosperità. Con l’invasione russa abbiamo visto il vantaggio di quando le nazioni che la pensano allo stesso modo si uniscono in una forza più grande, come la Nato. Può essere un modello buono per le nazioni indo-pacifiche che apprezzano la libertà”.

 

Il riferimento a una Nato del Pacifico è il mostro nero della Cina. Nella dichiarazione congiunta del 4 febbraio scorso tra il leader russo Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping si faceva per la prima volta diretto riferimento all’espansionismo della Nato in un documento firmato dal presidente cinese: “Le parti ritengono che alcuni stati, alleanze e coalizioni, militari e politiche, cerchino di ottenere, direttamente o indirettamente, vantaggi militari unilaterali a scapito della sicurezza degli altri, anche ricorrendo a pratiche di concorrenza sleale, intensificando la rivalità geopolitica, alimentando l’antagonismo e il confronto, e compromettendo seriamente l’ordine di sicurezza internazionale e la stabilità strategica globale”. Fino ad allora, però, nessuno aveva mai parlato di una Nato nel Pacifico, anzi. Piuttosto era stata la propaganda cinese a sollevare il problema riferendosi praticamente a tutte le alleanze da cui era stata esclusa nel Pacifico: per esempio il Quadrilateral Security Dialogue tra Giappone, India, Australia e America e l’Aukus, quello tra Australia Regno Unito e America. 


Per Canberra, in piena campagna elettorale, e per Washington il problema è semmai l’opposto, e cioè l’espansionismo cinese, che aumenta la sua presenza e la sua influenza all’estero anche con lo strumento del patto militare. In queste ultime settimane è stato sollevato spesso il tema delle Isole Salomone, lo stato insulare del Pacifico meridionale che ha di recente firmato un oscuro patto di Difesa con Pechino.  All’inizio di aprile il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, aveva detto che la cooperazione tra Londra, Canberra e Washington “mina la pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico”, perché loro “cooperano nello sviluppo di armi ipersoniche e altre tecnologie militari avanzate”. Sempre secondo  quanto affermato spesso dai vertici di Pechino, l’espansionismo della Nato è considerato una “legittima preoccupazione di sicurezza” per Putin, e la giustificazione dell’invasione ruota tutta attorno a questo punto. Secondo diversi analisti, questo è uno dei motivi per cui una settimana fa è stato aperto un canale di dialogo ai massimi livelli tra il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, e il suo omologo cinese Wei Fenghe.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.