La Moskva va in fiamme, e Cina e Taiwan prendono appunti

Giulia Pompili

La nave ammiraglia Moskva era soprattutto un simbolo della Marina russa. Era considerata la più potente, quella meglio equipaggiata ed era al comando della flotta nel Mar nero sin dall’inizio della guerra d’invasione dell’Ucraina. La Moskva è la nave che ha conquistato la strategica isola dei Serpenti, e aveva una fondamentale funzione di deterrenza. Rappresentava dunque l’epica bellica russa. Secondo diverse analisi ci sono pochi dubbi sul fatto che il missile ucraino l’abbia colpita e abbia provocato l’evacuazione, nonostante la Moskva sia dotata di sistemi antimissile: il motivo per cui il Cremlino è stato costretto a parlare di un incendio a bordo è di certo legato a una questione d’immagine.

 

La resistenza ucraina colpisce i simboli dell’armata russa e dall’altra parte del mondo, molto probabilmente, qualcuno sta prendendo appunti. Phillips O’Brien, storico e docente di Studi strategici, ha scritto ieri su Twitter che la storia della Moskva è un segnale importante che farà riflettere soprattutto la Cina. Si parla spesso, da quando la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, di un eventuale attacco militare contro l’isola di Taiwan, la regione di fatto indipendente ma che Pechino considera proprio territorio. Le due situazioni sono molto diverse, sul piano sia politico sia diplomatico: Taiwan, rispetto all’Ucraina, è riconosciuta da pochissimi paesi al mondo ma allo stesso tempo gode della protezione militare americana. Inoltre, nonostante la retorica sulla “riunificazione” da parte di Pechino, da condurre “con ogni mezzo necessario”, e nonostante le periodiche provocazioni militari contro Taipei, resta ancora difficile pensare a un intervento armato cinese sul breve periodo che rischierebbe di destabilizzare definitivamente l’area del Pacifico. Un eventuale intervento cinese su Taiwan sarebbe anche tecnicamente diverso: la Russia ha dovuto affrontare una campagna di terra, mentre la Cina dovrebbe affrontare un attacco navale.

 

Di certo le navi cinesi potrebbero essere meglio equipaggiate di quelle russe quando si tratta di sistemi antimissile, scrive O’Brien, facendo riferimento all’enorme investimento militare – soprattutto navale – che Pechino ha messo in campo negli ultimi anni. “Ma alla fine è molto meno costoso e più efficace avere più missili che navi”: il numero di missili a disposizione di chi si difende potrebbe aumentare esponenzialmente la capacità offensiva. “Da un lato stiamo imparando che la vera vulnerabilità dei carri armati da terra sono i sistemi portatili e i droni”, scrive O’Brien, “dall’altro stiamo imparando quanto sia facile eliminare una grande nave da guerra”. C’è poi un altro punto da considerare: da decenni Taipei si prepara per l’invasione. La Marina taiwanese è una delle più potenti al mondo e nel settembre scorso il governo ha approvato un potenziamento del sistema missilistico antinave: l’obiettivo è quello di potenziare il già temibile Hsiung Feng III, missile supersonico a medio raggio sviluppato sull’isola. Anche a Taipei guardano l’Ucraina e prendono appunti.

 

La scorsa settimana il ministero della Difesa ha pubblicato per la prima volta un manuale di ventotto pagine, illustrato, per spiegare ai cittadini come comportarsi in caso di “emergenze nazionali come un conflitto militare”. Al primo punto, il manualetto spiega cosa fare in caso di raid aereo. Anzitutto spiega come riconoscere l’emergenza, e quindi i segnali sonori diffusi dagli altoparlanti nelle strade: “115 secondi di allarme, un bip lungo, 2 bip brevi, 5 secondi tra i segnali”. E che cosa fare dopo: se ti trovi a casa, chiudi le porte, il gas, l’acqua, e raggiungi il rifugio; se sei in auto, scendi in un luogo sicuro e poi raggiungi il rifugio; se sei per strada segui le indicazioni per il rifugio. Se sei troppo vicino al bombardamento, mettiti accucciato a terra, inarca il corpo, copri occhi e orecchie e tieni la bocca un poco aperta. La preparazione della popolazione civile serve più alla comunicazione pubblica che alla reale gestione di un eventuale attacco. Per quello ci sono le esercitazioni militari: tre giorni fa la Difesa di Taipei ha condotto le Hsiang Lien, annuali esercitazioni il cui scopo è prepararsi a difendere la capitale. Se la Russia non si aspettava una resistenza come quella ucraina, la Cina sa perfettamente che anche un solo soldato rivolto verso Taiwan avrebbe vita difficilissima.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.