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Per mantenere la pace servono investimenti militari in tempo di pace

Andrea Gilli e Mauro Gilli

La guerra di Putin contro l’Ucraina ha riportato la difesa al centro del dibattito pubblico e politico. Questa spesa non solo ci permette di difenderci ma anche di evitare di essere attaccati

L’attacco della Russia contro l’Ucraina ha riportato la difesa al centro del dibattito pubblico e politico. La Nato ha rafforzato il fianco est e sud-est, la Germania ha deciso di aumentare la spesa militare e rifornimenti di armi per le truppe di Kiev verranno inviati da paesi Nato ed Ue anche, tramite uno stanziamento di fondi, finanziati da quest’ultima (passo inaspettato e imprevedibile solo poche settimane fa). È importante parlare di difesa in tempo di guerra, perché una difesa moderna ed efficiente può spesso essere l’unica barriera tra la vita e la morte, la libertà e l’oppressione. Ma di difesa bisognerebbe parlarne, soprattutto, in tempo di pace, perché una difesa moderna ed efficace non si sviluppa in tempo di guerra.

Una piccola introduzione è d’obbligo. Lo stato moderno nasce proprio per fornire dei beni pubblici fondamentali: l’ordine interno, la moneta e la difesa dall’esterno. Adam Smith, non esattamente un fautore dell’intervento statale, avvertiva che la difesa è più importante del benessere e una società libera, politicamente ed economicamente, può rimanere tale solo se difesa dalle minacce esterne. Gli sviluppi di questi giorni lo confermano: la giovane democrazia ucraina, per quanto imperfetta, rischia di essere annientata sotto i colpi dell’artiglieria di Putin. Se Adam Smith suggeriva di accantonare regolarmente delle risorse per far fronte alle minacce esterne, bisogna prendere atto che molte cose sono cambiate dal 1776 a oggi. Da una parte, la quota di pil per la difesa è estremamente minore di un tempo, sia perché viviamo in ere molto più pacifiche sia perché siamo molto più ricchi. Dall’altra parte, però, la scienza, la tecnologia e la produzione industriale sono cambiate. E per sviluppare una difesa moderna servono investimenti significativi e soprattutto prolungati. Facciamo un esempio. Alla vigilia della prima Guerra mondiale, in alcuni mesi si poteva sviluppare una nuova generazione di sottomarini, carri armati o incrociatori. L’incrociatore ritannico Dreadnought, un progetto rivoluzionario per i tempi in quanto includeva mezzo secolo di innovazioni tecnologiche, venne disegnato, sviluppato e messo in servizio in meno di due anni. Al giorno d’oggi, servono due anni solo per sviluppare il disegno del prototipo di una nuova generazione di aereo o di sottomarino, e spesso non bastano. Per l’entrata in servizio servono due decenni. Gli investimenti di oggi, in altre parole, servono per le piattaforme militari del 2040/45.

Un discorso analogo vale per l’addestramento militare. Negli anni ’20, in pochi mesi si potevano acquisire le competenze per pilotare un aereo. Erano aerei leggeri, poco sofisticati, più simili a un’auto che a un aereo dei giorni nostri che, invece, viaggia a velocità supersonica e dispone di sensoristica estremamente avanzata. La complessità di queste tecnologie richiede competenze molto avanzate. Per questo motivo servono circa 7 anni per addestrare un pilota di caccia. Ciò ovviamente senza considerare tutto il resto, che va da stock sufficienti di munizioni, a dottrine militari e piani operativi che vengono affinati in anni e anni di esercitazioni e simulazioni.

 

Per mantenere la pace, in altre parole, servono investimenti di difesa in tempo di pace. Non solo perché ciò ci permette di difenderci, ma anche perché ciò permette di fare deterrenza. Se Vladimir Putin non ha ancora deciso di lanciare un attacco contro un paese Nato (ed Ue) è facile ipotizzare che almeno in parte ciò sia dovuto alle capacità di deterrenza (nucleare e convenzionale) su cui si fonda l’Alleanza Atlantica. Detto altrimenti, la spesa in difesa non solo ci permette di difenderci ma anche di evitare di essere attaccati. Il mondo sta però cambiando e sta diventando più competitivo. La crisi di questi giorni ha portato a sviluppi inaspettati. Come abbiamo imparato negli ultimi due anni, non ci si può preparare per una pandemia durante una pandemia. Allo stesso modo, non ci si può preparare per una crisi energetica durante una crisi energetica.

Per fortuna, nonostante le critiche che si possono rivolgere ai paesi europei sul tema difesa, sono riusciti negli anni a resistere a chi, non vedendo fronti di guerra all’orizzonte, invocava tagli drastici e smobilitazzioni generali. Se in un momento come quello attuale, con rischi di escalation enormi, non ci sentiamo immediatamente minacciati lo dobbiamo agli investimenti fatti e mantenuti 5, 10, 15 e 20 anni fa. 

 

Andrea Gilli, Senior researcher Nato Defense College. 
Mauro Gilli, Senior researcher Politecnico di Zurigo

Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono le posizioni della Nato o del Nato Defense College

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