L'ex primo ministro francese Manuel Valls (foto EPA)

la francia nelle vene

Manuel Valls ci spiega perché la sinistra è in crisi e lancia l' “union sacrée” contro i populisti

Mauro Zanon

L'ex primo ministro francese al Foglio: "Alle elezioni presidenziali spero in un ballottaggio tra Macron e Pécresse. C'è bisogno di affrontare i grandi temi a lunga scadenza che vanno oltre le alternanze"

Parigi. Bologna, Festa dell’Unità, settembre 2014, giornata di sole. Hanno quarant’anni, la camicia bianca, il vento in poppa, sono i nuovi leader del socialismo europeo: Matteo Renzi, presidente del Consiglio italiano, Pedro Sánchez, segretario del Partito socialista spagnolo, Diederik Samsom, capofila dei laburisti olandesi, Achim Post, frontman tedesco del Partito socialista europeo. E c’è Manuel Valls, capo del governo di Parigi, il social-liberale che fa arrabbiare la gauche giacobina francese con le sue difese del libero mercato, delle aziende e dell’ordine repubblicano con i toni di un Clemenceau. “Ne è passato di tempo”, dice al Foglio con un filo di nostalgia Manuel Valls, “oggi la sinistra francese corre dritta verso un disastro storico”. Sottolinea “francese”, Valls, perché “in Italia, Renzi è senatore e continua ad avere un peso importante nella vita politica con il suo partito e in Spagna Sánchez guida l’esecutivo”. 

Il pessimismo dell’ex ministro dell’Interno e premier durante il quinquennio di François Hollande riguarda soprattutto la sua famiglia politica, che alle prossime presidenziali rischia di presentarsi con nove candidati se non troverà un accordo per organizzare in extremis le primarie. I motivi di questa crisi di idee, di leadership e di identità della gauche sono molteplici per Valls. “La sinistra sta attraversando un periodo di difficoltà un po’ ovunque, non solo in Europa. Anche il Partito democratico americano, che governa, è al centro di problemi legati alla cancel culture e alle frange radicali. Ma in Francia, la crisi è ancor più profonda per due ragioni”. 

Secondo Valls, “una parte della sinistra ha abbandonato l’universalismo repubblicano, a favore del comunitarismo delle minoranze: è quella incarnata da Jean-Luc Mélenchon, presidente della France insoumise, ma anche da una parte del Partito socialista. In secondo luogo, ha rinunciato all’idea stessa di governare. Quando si abbandonano il repubblicanesimo e la cultura di governo si sgretola tutto, e si arriva allo stato attuale della gauche, che è in un’impasse e incapace di farsi sentire”. 

La forza della sinistra francese era quella di avere “un partito dominante credibile, il Partito socialista”, sottolinea l’allievo di Michel Rocard. Oggi il Ps ha una candidata, Anne Hidalgo, che è accreditata tra il 3 e il 7 per cento. “Anche per questo motivo, molti elettori di sinistra si sono rifugiati nell’astensionismo, mentre gli altri sono andati verso Emmanuel Macron”, dice Valls. Lo scorso 12 gennaio, per le Éditions de l’Observatoire, l’ex premier, oggi editorialista politico di BfmTv, ha pubblicato “Zemmour, l’antirépublicain”, un j’accuse contro il candidato della destra identitaria, che martedì ha incassato la sua quarta condanna per incitamento all’odio. “Ho voluto denunciare le menzogne e le manipolazioni della storia francese da parte di Éric Zemmour, che fanno di lui un antirepubblicano”, spiega Valls, secondo cui il candidato di Reconquête ha fatto ufficialmente “saltare la diga tra la destra e l’estrema destra” e “ha reso Marine Le Pen più ‘moderata’”. Perché molti elettori lepenisti hanno abbracciato il progetto zemmouriano? “Perché si sono resi conto che Le Pen non ha la forza di vincere le presidenziali, ma anche perché Zemmour difende un’idea di continuità storica della Francia che fa breccia. A sinistra, c’è bisogno di un nuovo romanzo nazionale”, afferma Valls: per non lasciare il monopolio del tema della nazione alla destra. 

Le buone percentuali di Zemmour nei sondaggi, anche se le ultime rilevazioni lo danno in calo, sono la prova che il populismo non è passato di moda e l’epoca del post populismo non è ancora iniziata. “Siamo in una fase incerta, di ricomposizione”, dice Valls: “Nel 2017, abbiamo trovato una via di fuga dai populismi, di destra e di sinistra, attraverso Emmanuel Macron. Quest’anno, non siamo al riparo da un incidente e da una vittoria dell’estrema destra”. Per le presidenziali, spera in un ballottaggio tra Macron e Valérie Pécresse, candidata dei Républicains, e in seguito in un’“union sacrée” tra maggioranza e opposizione, che porti avanti un’“agenda di compromesso” per il bene della Francia. Agenda che permetterebbe di “trattare i grandi temi a lunga scadenza che vanno oltre le alternanze. Come le pensioni, gli investimenti massicci nel nucleare civile e per la dissuasione militare, una nuova politica di immigrazione, la sfida delle scuole e delle diseguaglianze, il rinnovamento democratico con la riforma delle istituzioni e una maggiore decentralizzazione”. Se arrivasse una chiamata per fare parte del futuro governo, Valls non direbbe di no, perché, come recita il titolo di un suo libro, “la Francia scorre nelle mie vene”.

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