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Contrordine sulle newsletter: meglio un giornale padrone che là fuori tra i troll

Pietro Minto

Charlie Warzel si sposta da Substack verso l’Atlantic: la prova che gli editori tradizionali non sono morti

Contrordine, a quanto pare il futuro del giornalismo non sono più le newsletter. Il sogno di indipendenza editoriale ed economica promesso da Substack, la piattaforma di newsletter anche a pagamento, sta lasciando spazio a una realtà un po’ più amara del previsto. E per giunta molto simile a quel vecchio giornalismo che avrebbe dovuto rottamare. I fatti: questa settimana l’Atlantic ha presentato un nuovo piano fatto di nove newsletter tematiche che andranno ad arricchire la proposta editoriale riservata ai suoi abbonati. Una strategia che ricorda quella del New York Times e che la storica rivista ha giustificato ricordando la natura “colloquiale, spontanea, contingente, rivelatoria e umile” di questo medium. Tra le nuove firme troviamo sceneggiatrici e columnist, podcaster e scrittrici, ma anche Charlie Warzel, ex di Buzzfeed passato al New York Times nel 2019, che nell’aprile di quest’anno aveva lasciato il quotidiano per lanciare la sua newsletter – su Substack ovviamente – chiamata “Galaxy Brain”. 

All’epoca la sua decisione fece molto discutere: era l’ultimo di una lunga serie di passaggi di peso dal mondo dei media al sito. Substack sembrava il nuovo, ennesimo, “futuro del giornalismo”. Da un certo punto di vista, infatti, Galaxy Brain è stata un successo, con 16 mila iscritti e 1.400 sostenitori, sfiorando il milione di dollari di entrate annuali. E allora perché porre fine al sogno della subscription economy? “Valgo di più come parte di un pacchetto di autori che da solo”, è la versione ufficiale di Warzel.  Formule di commiato a parte, il suo addio contiene anche considerazioni sui limiti della creator economy, in cui l’obiettivo è aumentare il numero di abbonati – e quindi di persone disposte a sborsare tra i 30 e i 50 dollari l’anno per ricevere newsletter. A vincere, nota il giornalista, sono le pubblicazioni settoriali e di nicchia (crypto e Bitcoin vanno forte, ma anche la Cina, con “Sinocism” di Bill Bishop). Gli altri sono costretti a sperare nella viralità di un loro post, o a inseguirla con ogni mezzo. 

Lo dimostra il successo di Glenn Greenwald sulla piattaforma. Parliamo del giornalista del caso Snowden, già Pulitzer e co-fondatore del sito d’inchiesta The Intercept, di cui ha lasciato la guida a fine 2020 lamentando “censure” da parte della redazione. Da allora Greenwald si è spostato su Substack, dove ha “decine di migliaia di abbonati” paganti, entrate a sei zeri e una notevole serie di post con cui se la prende con l’establishment liberal. “Glenn Greenwald è il nuovo padrone dei media di destra?”, si è chiesto pochi mesi fa il Daily Beast, inanellando le sue prese di posizione sempre più estreme. Conversione politica o tattica strategica che sia, il suo metodo funziona, perché gli permette di individuare un nemico comune, vantarsi dell’indipendenza dai media mainstream, avvicinandosi a frange più estreme – ma disposte a pagare per lo spettacolino. E’ quello che Warzel definisce “blogging della lagnanza”, un ciclo infinito di scritti arrabbiati e sconsolati che va fortissimo su Twitter e aiuta la trasformazione dei lettori occasionali in abbonati sostenitori. 

Un esempio: quando Warzel annunciò il suo sbarco su Substack, Greenwald notò subito su Twitter come la sua campagna abbonamenti stesse andando a rilento (all’epoca il sito mostrava una classifica delle newsletter con più abbonati). E martedì, quando Warzel ha ufficializzato il suo passaggio all’Atlantic, Greenwald ne ha approfittato per sbertucciarlo e dire a tutti “io lo avevo detto”. Quale motivo può spingere una persona a scendere così in basso? E’ banalmente una questione di growth hacking del proprio brand. Lo stesso Warzel ha raccontato su Twitter di aver registrato un numero di nuovi iscritti e abbonati, sul suo Substack, proprio grazie al post in cui annunciava il suo addio alla stessa piattaforma. E’ la prova incrociata di quanto il metodo Greenwald, fatto di polemiche e viralità, funzioni in questo presunto Eldorado. A questo punto, è tutto più chiaro: meglio essere sotto padrone che lì fuori, al soldo di troll ed edge lord vari.

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