Twitter: Bari Weiss

Mai stata tanto libera. Il nuovo giornalismo di Bari Weiss

Paola Peduzzi

Il successo di Common Sense, il baby-media di Bari Weiss, dopo un anno dalle dimissioni dal Nyt

Quando Bari Weiss si è dimessa dal New York Times nel luglio del 2020 con una lettera  in cui diceva: “Twitter non è nella gerenza del New York Times ma Twitter è il suo direttore supremo”, era andata in “blackout emotivo”: “Non avevo un piano alternativo – ha raccontato la Weiss, che allora era redattrice di editoriali e delle pagine culturali del quotidiano americano – Non avevo alcuna idea, non ho fatto nulla per un po’ perché ero scioccata e non sapevo come muovermi”. Poi si è mossa, è andata su Substack e ha creato Common Sense, una newsletter e in seguito un podcast che oggi “mi fa guadagnare più soldi di quanti avrei mai potuto immaginare possibili nel giornalismo”, ha detto a Brian Stelter della Cnn. Il sito MarketWatch ha calcolato che il fatturato si aggira sugli 800 mila dollari l’anno, “ma li sto reinvestendo per assumere delle persone, ora cinque, e per pagare gli autori che scrivono per Common Sense”.

 

La Weiss dice che questa “baby news organization” è la risposta al fallimento dei media tradizionali che non si occupano più di pubblicare quel che accade ma soltanto quello che “si adatta alla narrazione” corrente, lasciando così un enorme spazio da colmare con idee, storie e dibattiti che possono sembrare “sconvenienti o sgradevoli” al mainstream. La “curiosità” è il traino della Weiss e, dice, anche di molti lettori, il segreto di Common Sense per raccontare “storie che vent’anni fa anche i grandi giornali avrebbero raccontato, ma che ora non lo fanno più” perché “l’autocensura interna” nei media e nelle istituzioni ha avuto il sopravvento.

Bari Weiss ha scritto su Commentary di questo mese un articolo con molti esempi di storie spesso mal raccontate: sono storie di cancellazioni, di persone che hanno perso il  lavoro per aver detto cose considerate sgradevoli soltanto perché non rispondono alla narrazione woke (la Weiss non ama utilizzare il termine “wokism”, dice che ancora il fenomeno non ha un nome preciso e questo è già significativo). Il mondo è impazzito, dice, perché “la conversazione nazionale si è fermata”, mentre tutto quel che c’è attorno a noi si è modificato ed è diventato anche “spaventoso” perché “ogni cosa del passato, anche del passato di ognuno di noi, viene giudicato con la morale di oggi”. Common Sense è la reazione, l’istinto a tenere aperte anche le conversazioni più difficili, il “coraggio” contro “la viltà” dell’autocensura: è gratuito, ma moltissimi pagano per sostenere il progetto, “il giornale che vorrei leggere”, dice la Weiss, perché la curiosità va assecondata, e ci si deve parlare anche quando fa male.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi