I migranti afghani nella terra di nessuno tra Minsk e Varsavia

Micol Flammini

La Polonia ha dichiarato lo stato di emergenza per trenta giorni e la misura fa sorgere molte preoccupazioni per il rispetto dei diritti umani. Lukashenka ha trovato il punto debole degli europei e non intende fermarsi, ha promesso di inondare l'Ue di migranti e con la crisi in Afghanistan la situazione potrebbe peggiorare

Il deputato polacco Franciszek Sterczewski con una busta in mano si è lanciato in una corsa forsennata verso il confine orientale della Polonia. Ha cercato di scartare i poliziotti che lo marcavano, ne ha buttati a terra un paio, ma poi è stato fermato. Quella busta era piena di viveri e il deputato di Piattaforma civica, Po, il maggior partito di opposizione, voleva consegnarla ai quarantadue afghani che sono rimasti in una terra di nessuno, che non è ancora Polonia e non è più Bielorussia. Non possono andare avanti e non possono tornare indietro. Fino a lì ci son arrivati perché la Bielorussia da mesi cerca di destabilizzare l’Unione europea ammassando migranti alla frontiera con Lituania, Lettonia e Polonia. Il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka non ha fatto fatica a capire quali fossero i punti deboli degli europei e, dopo che i ventisette hanno approvato nuove sanzioni a giugno per il dirottamento dell’aereo Ryanair che viaggiava da Atene a Vilnius per arrestare l’oppositore Roman Protasevich, si è vendicato mettendo su un  traffico di migranti. Prima era coinvolta soltanto la Lituania, il paese più attivo nel sostenere l’opposizione al dittatore, poi  Minsk ha iniziato a indirizzare il traffico di migranti anche verso Polonia e Lettonia. Ora l’allarme riguarda soprattutto Varsavia, dove il governo ha chiesto al presidente di introdurre lo stato di emergenza lungo il confine. Le associazioni per i diritti umani e i politici dell’opposizione sono molto preoccupati per quello che sta avvenendo lungo il confine, in questi mesi più di tremila persone hanno cercato di attraversare il confine. Ora nel limbo sono intrappolati quarantadue afghani, che con loro non hanno nulla se non un gatto grigio. 

Ieri il Parlamento polacco ha discusso a lungo sullo stato di emergenza, la misura non era stata adottata neppure durante la pandemia, è un tabù che riporta alla memoria i tempi della dittatura: c’era il comunismo, era un’altra Polonia e da quel momento non ce n’è più stato bisogno. Lo stato di emergenza si applica soltanto alle 183 città lungo il confine dove polizia ed esercito stanno ergendo il filo spinato, la misura sarà applicata per trenta giorni e nella zona  saranno imposte  restrizioni e soprattutto non ci saranno giornalisti a documentare quello che succede. I migranti non ricevono né cibo né acqua, non hanno un bagno, uno di loro, un bambino afghano di cinque anni, è morto dopo aver mangiato dei funghi avvelenati e suo fratello maggiori è in condizioni molto gravi. Tenere la stampa lontana dal confine non aiuterà a migliorare la condizioni di chi viene trasportato dalla Bielorussia, abbandonato e poi bloccato. Sterczewski ha cercato di recarsi sul confine quasi ogni giorno, ha anche piantato una tenda per otto giorni, ha provato con attivisti e politici a portare aiuto al di là dal confine, ma la polizia ha cercato di fermarli. Il rischio che in regime di stato d’emergenza la situazione peggiori è alto. Lukashenka non ha intenzione di fermare il suo traffico, la Polonia non ha intenzione di accogliere e l’Unione europea per il momento si tiene lontana. La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, è già stata a visitare la frontiera  in Lituania, e gli uomini di Frontex sono andati ad aiutare le autorità locali. La Polonia non è riuscita a smuovere, o non ha voluto smuovere, gli europei, anche in virtù dei rapporti complessi tra il governo di Varsavia e Bruxelles. Il PiS, il partito più forte nella maggioranza,  ultimamente è in calo nei sondaggi, e la crisi migratoria innescata da Lukashenka potrebbe quasi essere un regalo politico. Dimostrarsi forti e intransigenti nei confronti dell’immigrazione potrebbe essere una strategia vincente. Lukashenka ha trovato con estrema facilità una delle debolezze dell’Ue, ha detto che continuerà  fino a quando non avrà inondato l’Europa, non ha mai ammesso che è il suo stesso governo a organizzare i viaggi dei migranti, a farsi pagare, come hanno raccontato alcuni iracheni arrivati in Lituania. Ma ci ha tenuto a far sapere che dietro c’è una strategia, un piano, un obiettivo: far crollare l’Ue. 

“Go, go, go!”, urlano le guardie di frontiera bielorusse che scaricano i migranti. Li lasciano scendere, poi prendono gli scudi antisommossa per impedire loro di tornare indietro. Di tutto questo ci sono video filmati di là dal confine. La situazione con la crisi dei rifugiati in Afghanistan che l’Ue sta facendo di tutto per evitare è destinata a peggiorare. Più l’Ue mostra  di avere paura dei migranti, più Lukashenka troverà il modo di mandargliene al confine. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.