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In Spagna la telenovela podemita ha una nuova regista: Ione Belarra

Guido De Franceschi

Dopo l'addio di Iglesias, il contenitore radical-populista sta affrontando una grave crisi di consenso. C'è una diarchia al femminile per recuperare

Podemos, il partito della sinistra radical-populista spagnola, si è configurato fin dall’inizio, nel 2014, come un contenitore di movimenti. E ben presto questo contenitore di movimenti si è configurato come il nucleo centrale di un contenitore ancora più grande di ulteriori movimenti nazionali e regionali. Questi ultimi sono stati variamente denominati “confluenze” o “maree”, con una scelta lessicale fluida e, appunto, movimentista. Questo contenitore più grande, che ha come centro gravitazionale il contenitore più piccolo Podemos, ha preso il nome di Unidas Podemos (Unite Possiamo), con desinenza femminile dell’aggettivo, una scelta inclusiva e anch’essa movimentista.

 

Per qualche anno, sotto la guida del loro fondatore Pablo Iglesias, le proteiformi piattaforme che hanno gravitato intorno a Podemos hanno ottenuto risultati notevoli. Da subito, hanno contribuito a forzare le crepe nel bipartitismo spagnolo e poi, nelle trionfali elezioni municipali del 2015, hanno conquistato i municipi di città come Madrid, Barcellona, Saragozza e A Coruña. Infine, proprio mentre il successo elettorale di Podemos & C. aveva già preso a declinare vistosamente, l’aritmetica ha comunque permesso a Iglesias di costringere il premier socialista, Pedro Sánchez, a costruire il primo governo di coalizione spagnolo dal ripristino della democrazia.

Ma il problema dei movimenti è proprio che si muovono. E che se non c’è un leader molto forte, come lo è stato per sette anni Iglesias, è difficile cavalcarli senza che prevalga l’entropia. Ora che Iglesias si è ritirato dalla vita politica, il compito di ritessere la tela ormai sfilacciata del contenitore grande (e cioè Unidas Podemos) tocca alla vicepremier Yolanda Díaz – che, giusto per dire della compattezza della coalizione che lei stessa amministra, non ha né la tessera di Unidas Podemos né quella di Podemos e neppure quella di Izquierda Unida (che di Unidas Podemos fa parte), ma solo quella del vecchio, caro Partito comunista spagnolo, che è tra le forze che costituiscono Izquierda Unida, oh yeah.

L’impresa di salvare il contenitore “piccolo” (e cioè Podemos) è stata invece affidata a Ione Belarra Urteaga, che ha trionfato in elezioni primarie senza veri avversari. La Belarra – che ha trentatré anni, è nata a Pamplona e ha due cognomi baschissimi – è da qualche mese ministro dei Diritti sociali e ha fama di solida negoziatrice.mNel suo profilo personale rientrano quattro caratteristiche molto diffuse in Podemos: l’amicizia di lunga data (ha conosciuto all’università la futura compagna di Pablo Iglesias, nonché ministro dell’Uguaglianza, Irene Montero), il secchionismo (ha una laurea in Psicologia e una sequela di master e specializzazioni), l’attivismo giovanile (ha lavorato come volontaria per la Croce Rossa spagnola e in varie organizzazioni che tutelano i diritti dei migranti) e la tendenza endogamica (il suo compagno Nacho Ramos, da cui ha avuto un figlio, ha anche lui un ruolo nel partito).

 

Ione Belarra si trova a operare in una specie di diarchia con Yolanda Díaz. Ed è una delle protagoniste di una leadership tutta femminile. Oltre a lei, alla Díaz e alla Montero ci sono infatti anche la nuova segretaria organizzativa di Podemos, la ventottenne Lilith Verstrynge e il sindaco di Barcellona Ada Colau che, pur non essendo organica né a Podemos né a Unidas Podemos, rimane comunque un punto di riferimento imprescindibile per quell’area politica.

Ma, almeno per ora, su tutto si proietta come l’ombra di un drone invisibile la presente non-presenza del maschio alfa Pablo Iglesias, il leaderino universitario poi diventato formidabile oratore televisivo e infine vicepremier, che ha poi deciso di lasciare l’incarico di governo, di candidarsi alle elezioni regionali di Madrid dello scorso maggio in cui ha ottenuto un risultato deludente, di tagliarsi l’iconica coda di cavallo che gli aveva dato il soprannome “el Coleta” (il Codino) e di rifluire poi silenziosamente nell’ombra lasciando tutti – e tutte – a porsi angosciosi quesiti. Ma per davvero? Ma perché? Ma per quanto tempo? Ma poi torna?

 

A tal proposito, mentre ieri il quotidiano La voz de Galicia titolava un editoriale “Cento giorni senza notizie di Pablo Iglesias”, va registrato il fatto che in spagnolo l’espressione “cortarse la coleta” (tagliarsi il codino), derivante dalla tauromachia, significa “ritirarsi dall’attività”. Nei mesi scorsi, Ione Belarra ha condotto con talento molte trattative con i socialisti nell’ambito della coabitazione governativa e ha ottenuto l’attenzione dei media redarguendo a più riprese su Twitter il ministro socialista della Difesa, Margarita Robles (“Quando sei la ministra preferita dei poteri che desiderano che comandi il Partito popolare insieme a Vox, forse stai danneggiando il tuo governo”). Di lei, però, si sa ancora poco.

In un intreccio di esistenze sempre molto stretto con la royal couple podemita Iglesias-Montero, la Belarra aveva già dato una mano nella guida del partito mentre i due erano alle prese con la nascita dei loro figli. Ma ora si trova a dover fronteggiare una grave crisi di consenso per Podemos, che non è ancora del tutto esplicita ed eppure è incombente. In vista dei prossimi appuntamenti con le urne (regionali e municipali) la Belarra parla di “una Spagna plurinazionale”. Peccato però che Podemos non sembri più in grado di sottrarre voti, come in passato, alle tradizionali forze nazionaliste e regionaliste catalane, basche, galiziane, valenciane e di tutte le altre zone in cui l’identità ha un peso rilevante. E che parlare di “plurinazionalità” nella Spagna-Spagna sia, come sempre, uno sfollagente elettorale.

Intanto, Belarra si rivolge, parole sue, a “una Spagna che è molto più di Madrid”, con un’esplicita sfida verso la presidente della Regione di Madrid Isabel Díaz Ayuso, che proprio con lo slogan “vivir a la madrileña”, sta dando una nuova coolness, imprevedibilmente libertaria, al Partito popolare di centrodestra. Non bastasse, è proprio a Madrid che sta emergendo una figura che può diventare molto rilevante nel mondo che gravita a sinistra dei socialisti e rivelarsi quindi una pericolosa avversaria della Belarra. Si tratta di Mónica García, che è stata scoperta da Íñigo Errejón il co-fondatore di Podemos che ha poi litigato con Iglesias e se n’è andato dal partito. Non è quindi un caso che la Belarra parli di “una Spagna che è molto più di Madrid”. Infatti, come si chiama la lista elettorale che la García ha condotto a ottimi risultati elettorali? Más Madrid (e cioè “Più Madrid”). Ecco.
 

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