Foto di famiglia senza Frans Timmermans

Micol Flammini

Il premier sloveno Janez Jansa ha lanciato un semestre europeo a tensione altissima con provocazioni ai Socialisti & Democratici e ai giornalisti. Il metodo è sempre lo stesso: inizia da un'immagine

Roma. La Slovenia ha assunto giovedì la presidenza del Consiglio dell’Unione europea e per quanto il programma non promettesse nulla di preoccupante, il premier Janez Jansa ha deciso di usare la presentazione del suo semestre per far crescere tensioni e dissapori tra gli europei e per far capire a tutti che non saranno sei mesi tranquilli. 

 

Che Jansa avesse una gran passione per le proiezioni di foto e video si sapeva, in molte sue occasioni accompagna i suoi discorsi con delle immagini, che non sempre sono in relazione con il discorso che il premier sta tenendo, ma sono provocazioni, offese, distorsioni. Giovedì durante la sua riunione con la Commissione europea per inaugurare il semestre ha tirato fuori una delle sue foto d’archivio – è un accumulatore di immagini: fuori contesto possono raccontare qualsiasi storia – che ritraeva due eurodeputati dei Socialdemocratici  sloveni  seduti al tavolo con due giudici. I quattro   avevano addosso una maglietta rossa. Il messaggio di Jansa era semplice: la vedete la sinistra come influenza la magistratura? Jansa ha una storia tormentata con la giustizia e ha deciso di far presente  agli europei che lui non ha colpa,  semmai sono i suoi  rivali che cercano di farlo  fuori come possono. Le immagini  hanno fatto arrabbiare i commissari socialisti presenti alla riunione. La presidente della Commissione,  Ursula von der Leyen, avvertito il malumore dei colleghi, ha cercato di fermare Jansa, che è anche suo compagno di partito: siedono tutti e due tra i popolari europei.


 Ma ormai era troppo tardi, i socialisti erano già tutti infastiditi dall’intervento. Alla fine della riunione, è arrivato il momento della foto di gruppo, governo sloveno e commissari insieme, e Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione, ha deciso di non partecipare: “Non potevo essere sullo stesso palco del primo ministro Jansa dopo il suo attacco inaccettabile e la diffamazione di due giudici e due eurodeputati dei Socialisti & Democratici”. Timmermans non era il solo a essersi infastidito, Paolo Gentiloni è stato visto parlare a lungo con il vicepresidente e con la presidente von der Leyen. Anche Ylva Johansson, commissaria svedese per gli Affari interni, era molto arrabbiata. E la foto di famiglia  si è trasformata  nel ricordo di una riunione andata male, in cui non si è potuto fare finta di nulla. 


Forse illudendosi di poter evitare nuovi scontri, von der Leyen ha deciso di mettere in guardia Jansa durante la conferenza stampa, dicendogli che “il dialogo politico richiede rispetto per tutti i partiti politici democratici”, e ha aggiunto anche qualche avvertimento riguardo allo stato di diritto, che sarà tra i dossier più complicati di questa presidenza. La presidente ha ricordato che spetterà proprio alla Slovenia “gestire la discussione al Consiglio sulla base del rapporto sullo stato di diritto che arriverà entro la fine di luglio”. In tanti credono che Viktor Orbán, primo ministro ungherese e amico di Jansa, sarà il presidente ombra di questi sei mesi, per questo la discussione si preannuncia complessa. Le provocazioni di Jansa però non si sono limitate alla riunione della Commissione. Anche durante un incontro con i giornalisti, il premier sloveno ha deciso di lanciarsi in una delle sue presentazioni, questa volta l’argomento era la libertà di stampa. Ai giornalisti è stato mostrato un video sulle brutalità subite dai giornalisti da parte della sinistra nel corso degli anni. Jansa è accusato di attaccare i giornalisti su Twitter e di limitare la libertà stampa nel suo paese e per non smentirsi ha detto ai presenti  che nel parlare di libertà di stampa avevano una visione limitata: “So chi sono le vostre fonti”. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.