Perché le liti in Georgia raffreddano gli americani e gli europei

Micol Flammini

Gli scontri su chi è più antirusso, le dimissioni del premier e l’arresto del leader dell’opposizione mettono Tbilisi di fronte alle ferite della sua democrazia

Lo sforzo della Georgia di dimostrarsi più attenta alla democrazia rispetto agli altri stati post sovietici arriva sempre a un punto di esaurimento. E’ una nazione con molti conflitti irrisolti e in cui la Russia, in assenza o in presenza, è spesso causa di tensioni. La scorsa settimana il premier Giorgi Gakharia, del partito Sogno georgiano, si è dimesso dopo la sentenza di un tribunale che ratificava l’arresto di Nika Melia, leader del maggior partito di opposizione, Movimento nazionale unito (Enm), per aver organizzato manifestazioni violente. Gakharia aveva deciso di lasciare il suo posto in polemica con Sogno georgiano e sperando che le sue dimissioni potessero allentare la polarizzazione nazionale. 

 

   

Ieri però la polizia ha fatto irruzione nel quartier generale di Enm, ha buttato giù la porta, ha attaccato i membri del partito con spray urticanti e ha arrestato Melia, rompendo con un solo gesto la speranza di Gakharia di aggiustare il dialogo in Georgia. Melia non ha mai riconosciuto il risultato delle elezioni di ottobre, nonostante gli osservatori internazionali non abbiamo riscontrato irregolarità, e per Sogno georgiano è un ostacolo, una macchia sulla reputazione di una nazione costantemente impegnata a dimostrarsi un alleato affidabile per gli europei e gli americani. Melia contesta a Sogno georgiano non soltanto le elezioni, ma anche la linea morbida nei confronti della Russia: il partito aveva invitato un funzionario di Mosca a prendere parte a una riunione di rappresentanti di nazioni ortodosse. L’opposizione georgiana ha reagito all’invito organizzando delle manifestazioni violente. Sogno georgiano è convinto che la prima strada da percorrere sia quella del dialogo con Bruxelles e  Washington, ma anche con Mosca. Dello stesso avviso è la presidente Salomé Zourabichvili, che non vuole una rottura con il Cremlino, ma ha promesso un esercizio di equilibrio, sul modello della vicina Armenia. Melia, invece, è un teorico dello scontro, anche perché Sogno georgiano è stato fondato da un miliardario, Bidina Ivanishvili, georgiano ma che ha fatto la sua fortuna in Russia ed è interessato a mantenere rapporti cordiali con Mosca. 

 

   

Il partito di maggioranza ha nominato un nuovo primo ministro, Irakli Garibashvili, cresciuto a Parigi, nella speranza che la sua formazione europea possa dare qualche sicurezza in più all’occidente, che però non ha gradito le immagini dell’arresto. L’ambasciata americana a Tbilisi  in una nota ha esortato a risolvere la situazione evitando la violenza, mentre l’ambasciatore britannico su Twitter è stato più duro: “Sono sconvolto dalle scene nella sede dell’Enm”. La Georgia aspetta una sua definizione internazionale, e mentre cerca di curare le ferite della sua democrazia e trovare un modello di convivenza con Mosca, la sua instabilità convince sempre meno gli occidentali che non sono pronti a spingere per una sua integrazione nella Nato o nell’Ue. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.