Piazze piene

Micol Flammini

Cosa vogliono, come nascono e quanto contano le manifestazioni contro il lockdown in Europa

Roma. La mappa del risentimento, dello scontento e della rabbia, sentimenti che erano apparsi nelle strade americane, sui Suv repubblicani che protestavano contro il lockdown e contro tutte le misure necessarie per contenere il coronavirus, si sta estendendo in Europa. Questi sentimenti erano apparsi timidamente in Germania durante il fine settimana del primo maggio, con gruppi e gruppetti per le strade di Berlino e di altre città tedesche che chiedevano la fine immediata di un lockdown da sempre parziale. Dietro a queste manifestazioni, che non avevano riscosso molto successo, le autorità tedesche parlavano di poco più di mille persone, c’era anche l’AfD, il partito estremista che durante la crisi sanitaria ha subìto una perdita cospicua di punti nei sondaggi – secondo un sondaggio Kantar, Alternative für Deutschland è passato dal 12,6 per cento al 9, registrando la caduta più rapida degli ultimi anni. Le proteste sono ricominciate lo scorso fine settimana, le piazze sono sembrate ben più piene, poche mascherine qua e là, tanti assembramenti in alcune parti di Europa: in Germania, ma anche Grecia, Polonia, Svizzera e Francia.

 

Da Stoccarda a Francoforte, da Monaco a Berlino fino a Gera, in Turingia, dove tra i manifestanti c’era anche Thomas Kemmerich – ministro presidente del Land per un mese, esponente dei liberali, eletto con le forze dell’AfD e della Cdu, – i cortei sabato chiedevano di eliminare ogni tipo di restrizione. A Colonia proponevano di togliere le mascherine e di entrare nei negozi senza protezioni: a Francoforte urlavano “resistenza”; a Stoccarda una manifestazione autorizzata di 80 persone ha invece raccolto più di diecimila cittadini; a Berlino poco più di mille persone urlavano “libertà” e in tutte le città la polizia gridava dagli altoparlanti le raccomandazioni del buonsenso, invitando tutti a rispettare la distanza sociale di 1,5 metri e di indossare le mascherine.

 

Dietro a queste proteste ci sono teorie cospirazioniste, le destre stanno cercando di sfruttare la frustrazione, è il loro modo, quello più veloce, per farsi sentire dopo mesi di tentativi. Angela Merkel ha ricordato che bisogna ancora attenersi alle misure di base, che il virus non è sconfitto e tanti politici tedeschi le hanno sottolineato come le proteste siano un pericolo per la lotta contro il Covid. Anche lungo il confine franco-tedesco ci sono stati movimenti che sembrano rompere quell’unità, quella fiducia che avevamo imparato a conoscere in questi mesi tra cittadini, politica ed esperti. Alla frontiera di Lembach, sindaci tedeschi e sindaci francesi hanno rimosso la barriera collocata durante la crisi sanitaria per bloccare il confine. Hanno detto che era il loro modo di celebrare la Festa dell’Europa, il 9 maggio, che i confini non devono tornare mai più, che sono un danno per i lavoratori transfrontalieri. Anche la Svizzera, che qualche settimana fa ha pubblicato il suo schema di riapertura agile, il suo calendario dettagliato, le sue previsioni, si è ritrovata nel fine settimana le città di Zurigo, di Basilea, di Berna in piazza per protestare contro il lockdown – la fase due si è aperta ieri – con gli anziani nel corteo.

 

Più a est, la Polonia ha portato avanti la sua protesta contro il governo, dopo mesi di manifestazioni dai balconi, sono scesi in strada gli imprenditori per chiedere di rimuovere alcuni vincoli e alcune restrizioni, hanno chiesto più incentivi economici soprattutto per le imprese più piccole ed è proprio questo che il governo nazionalista del PiS voleva evitare imponendo il voto, che poi è stato rimandato, per le presidenziali del 10 maggio. Ha cercato di mandare i polacchi alle urne prima che la loro frustrazione venisse fuori, prima che le preoccupazioni economiche, e non più i diritti, diventassero motivo di protesta e una manifestazione di imprenditori con 38 arresti non è una buona notizia per il governo.

 

Le piazze piene delle città europee che hanno chiesto la fine del lockdown non si somigliano molto tra di loro, se non per quella mancanza di fiducia nei confronti dei governi, l’effetto di stringersi attorno alla bandiera sta finendo, c’è chi prova ad approfittarne, come in Germania, e chi, passata la paura per il virus e arrivata quella per l’economia, non si fida più e scende in strada.

In Grecia la protesta contro il governo è una protesta giovanissima, protestano i movimenti ambientalisti, gli artisti e la sinistra di Syriza, il partito dell’ex premier Tsipras. I suoi sostenitori si sono ritrovati davanti al ministero del Lavoro ieri per chiedere politiche adeguate per la ripresa, la Grecia secondo le stime della Commissione è il paese che uscirà peggio da questa crisi. Hanno chiesto riforme, lungimiranza, trasparenza, tutti un po’ troppo vicini tra di loro.

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