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Il lavoro più ambito

Così si formano gli eserciti di “contact tracer”, i detective del coronavirus

Paola Peduzzi

Gli obiettivi inglesi, le “brigades” francesi e la Germania che pensa a uno stipendio. I dettagli della formazione. Solidarietà e gentilezza

Milano. I primi “contact tracer” di San Francisco, una cinquantina di volontari senza una formazione sanitaria, hanno iniziato a lavorare questa settimana: in totale, nella città californiana, i “detective” del Covid-19 saranno diecimila. Il modello di San Francisco è stato elaborato dall’Università della California e molti si augurano che venga applicato in tutto lo stato ma non è nato qui. E’ il frutto di una collaborazione con il software utilizzato in Massachusetts, dalla Partners in Health, una società no profit di Boston che lavora assieme al governo per trovare e formare i contact tracer e disegnare una mappa accurata del contagio (sono stati i primi, a inizio aprile, a diventare operativi). I tracciatori sono indispensabili per qualsiasi applicazione tecnologica: sono quelli che raccolgono le informazioni, che ricostruiscono la rete di contatti delle persone positive, che indicano quindi le priorità nei test. Senza questo fattore umano, nessuna soluzione tecnologica può funzionare. C’è già chi sostiene che questo è il lavoro più ambito oggi in America, anche se spesso è su base volontaria, ma non è un impiego che riguarda soltanto l’America: i pionieri di questa pandemia sono stati i sudcoreani, ma il lavoro del tracciatore è antico. Oggi il governo inglese vuole formare 18 mila tracciatori per la metà di maggio (compresi tremila operatori sanitari: per ora le figure coinvolte sono i “corona detective” e i cadetti dell’esercito); in Germania non si sa quale sia il numero di tracciatori, ma in molte regioni i contagiati ricevono almeno due telefonate al giorno dalle autorità per avere notizie, quindi si presume che siano coinvolte molte persone: si parla di 20 mila persone per le quali è previsto uno stipendio. In Irlanda sono state formate 1.700 persone e in Belgio 2.000.

  

In Francia è iniziata la creazione delle “brigades d’enquêteurs” su base regionale. La guida delle brigate contro il Covid-19 resta alle strutture sanitarie, che secondo il governo possono elaborare meglio le informazioni, ma un “corso di mezza giornata”, ha detto l’epidemiologo Pascal Crépey al Figaro, può essere sufficiente per chi deve fare le telefonate di controllo e non deve necessariamente avere competenze mediche.

 

John Welch, direttore della bostoniana Partners in Health, non è altrettanto sbrigativo. In un’intervista alla Npr, Welch ha detto: “Stiamo assumendo molte persone velocemente, con un training intenso e dobbiamo essere ogni volta sicuri di aver scelto le persone giuste che abbiano le competenze giuste e che soprattutto abbiano pazienza e empatia, che sappiano ascoltare”. I tracciatori non sono voci automatiche registrate, ma gli interlocutori di persone spaventate, ammalate, isolate, in crisi. Welch dice che “la salute è un settore guidato dall’uomo ma sostenuto moltissimo dalla tecnologia”: lui è un anestesista, “un lavoro con una componente tecnologica enorme”, aggiunge. “Ma non c’è una app che sostituisce l’orecchio umano”, e così il lavoro più ambito del momento ha molto a che fare con la cura della pandemia: la solidarietà, la gentilezza.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi