Un inserviente disinfetta i locali dello Stock Exchange di New York (foto LaPresse)

La vestizione rapida di chi come Trump ha “nuotato nudo” finora

Paola Peduzzi

Stimoli, alleggerimenti fiscali, fiducia negli amministratori locali. L’America si accorge dell’epidemia, e reagisce

Milano. Il crollo di Wall Street ha cambiato tutto, chi ha sempre detto che il coronavirus è stato ingigantito per ragioni politiche – un complotto cinese e dei democratici – ha dovuto ricredersi: questo è il momento in cui l’onda torna indietro, come dice Warren Buffett, e si vede chi sta nuotando nudo. L’Amministrazione Trump ha nuotato nuda finora, minimizzando, trattando l’epidemia con leggerezza, camuffando i dati, storcendoli per adattarli alla sua interpretazione – un complotto dei cinesi e dei democratici, soprattutto dei democratici – mentre il presidente Donald Trump ha cercato di rivendersi come un esperto, nel momento in cui tutti cercano gli esperti ma gli esperti seri sono molto cauti: come faccio a sapere tutte queste cose?, ha chiesto Trump mentre elencava dati falsi sul contagio, “credo di avere un talento naturale”, ha detto, forse avrei dovuto fare il virologo invece che il presidente. La leggerezza è svanita quando almeno due persone che hanno parlato a una distanza inferiore al metro con Trump (una ha anche viaggiato con lui sull’Air Force One) si sono messe in quarantena volontaria, quando il mercato ha perso più del 7 per cento in un giorno (ieri, come anche da noi, c’è stato il rimbalzo determinato in gran parte dal risveglio collettivo riguardo alla gravità della situazione), quando i tweet “siamo aperti al business, è solo un’influenza” non hanno calmato il panico anzi forse lo hanno accelerato, quando il virus è arrivato vicino vicino e l’Amministrazione si è ritrovata a nuotare nuda, e imbarazzata.

   


Come si vede dal confronto della curve epidemiche del Covid-19, molti paesi sono semplicemente qualche giorno indietro rispetto al contagio in Italia (grafico di Mark Handley)


 

Lo stesso Trump ha annunciato lunedì sera misure “very dramatic”, mentre al Congresso circolavano bozze e voci sullo stimolo all’economia necessario per contenere l’impatto dell’epidemia – il piano dettagliato era previsto durante la notte, ma si parlava di uno sgravio fiscale sui redditi da lavoro, di un sostegno ai lavoratori senza contratto, di uno stimolo per i settori più danneggiati (per ora sono quelli legati alla circolazione delle persone, come mezzi di trasporto e strutture alberghiere, poi si vedrà). “Ci prenderemo cura del popolo americano”, ha detto Trump, rivestendosi dopo queste settimane di improvvisazioni e di guerra di propaganda. Gli effetti di questa battaglia sono ben visibili – lo sono sempre di più e in modo molto nitido, è difficile non accorgersene. Una rilevazione di SurveyMonkey pubblicata dal sito Axios dice che il 62 per cento dei repubblicani interpellati considera i nuovi report sulla gravità del contagio “esagerati” – sono il doppio dei democratici, che parlano di esagerazione per il 31 per cento delle volte. Ora ci si attende una vestizione collettiva, rapidissima e si spera efficace, visto che ha cominciato Trump e anche uno degli anchorman più celebri di Fox News, Tucker Carlson: fino a due giorni fa parlava di esagerazioni, complotti globali, poi dopo il crollo di lunedì ha ammesso che “questa non è solo un’influenza” e che chi l’ha detto ha sbagliato.

 

E’ troppo tardi? Difficile dirlo. La linea del tempo del coronavirus è piuttosto chiara, più aumentano i contagi più le misure adottate sono drastiche. Quel che stupisce, negli Stati Uniti come in Europa, è l’incapacità da parte di molti leader di vedere e anticipare questa linea, di prendere precauzioni anche dure prima di dover gestire l’epidemia. L’America ha alcune particolarità tutte sue, come ha dimostrato l’incontro con i governatori organizzato dalla task force per il coronavirus guidata dal vicepresidente Mike Pence: non c’è un coordinamento, ogni stato vuole fare da sé, perché l’autonomia a livello locale è tanta ma anche perché ogni stato si posiziona in modo diverso sulla linea del tempo del contagio: i primi non vogliono aspettare. Anche la statistica è complicata perché molti casi di contagio non vengono segnalati né conteggiati: questo dipende dal fatto che per andare al pronto soccorso o dal medico, in America, devi essere molto molto malato o molto molto ricco. Soltanto gli amministratori locali hanno contezza dell’epidemia, ed è per questo che sono stati molto aggressivi nei confronti della leggerezza dell’Amministrazione, hanno detto che tanta minimizzazione ha fatto accumulare ritardi e hanno chiesto fondi senza troppi vincoli: fidati di noi.

 

Il più sospettoso dei presidenti, uno che ha cambiato il chief of staff un’altra volta qualche giorno fa e va rimpiangendo comunicatori che lui stesso ha licenziato perché non erano abbastanza bravi (soprattutto Bill Shine, si dice), uno che dice di essere sempre stato pronto a una crisi sanitaria e per questo non si tocca mai la faccia (la rete si è riempita di immagini di Trump con le mani sulla faccia, naturalmente), uno che ha fatto una sfuriata al suo capo economista, Larry Kudlow, che non ha voluto fare una conferenza stampa di rassicurazione perché non sapeva rispondere alle domande sul coronavirus, questo presidente ora deve fare come tutti noi un atto di fiducia. Verso i governatori che devono contenere l’epidemia senza affossare l’economia, cercando quell’equilibrio difficilissimo tra chiusura e isolamento; verso il Congresso, quindi verso gli odiati democratici che devono inevitabilmente ispirarsi all’unità nazionale (sembrano bendisposti, nessuno vuole portare da solo la responsabilità dello choc finanziario da virus); verso i suoi stessi collaboratori, che sono talmente abituati a dar ragione al capo che non si sono preparati un piano B. Le mosse della Fed assieme a quelle decise in queste ore dall’Amministrazione faranno certamente da scudo all’America, che ha una flessibilità economica tale da poter compensare la leggerezza della politica. Ma l’epidemia pretende fiducia anche su altri temi molto delicati: l’autonomia locale, la solidarietà tra varie comunità e vari stati, visto che è difficile contenere un virus se continuano a circolare le persone senza controlli (negli stati d’Europa accade lo stesso). Ci si ritroverà tutti nello stesso punto, basta scorrere la linea del tempo. Poi conterà anche il carattere di un popolo: repubblicani e democratici sono sempre più divisi, in America, ma alla domanda: la quarantena viola le tue libertà?, tutti rispondono: no.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi