Un elettore, con la mascherina contro il virus, mostra il dito inchiostrato, dopo il voto alle elezioni parlamentari in un seggio di Teheran (foto Ebrahim Noroozi/LaPresse)

Pandemia in Iran: guai

Daniele Raineri

Il regime di Teheran ha tenuto nascosta la diffusione del virus ma ora il paese è un focolaio. Quattro morti

Roma. Spiega al Foglio una fonte dall’Iran che “sicuramente a Teheran ci sono già diversi casi di coronavirus non annunciati. Dicono che stanno tenendo sottotono la cosa anche per non scoraggiare ulteriormente le persone ad andare a votare”. Il paese è un fronte attivo del contagio del Covid-19 e come nella fase iniziale in Cina il governo autoritario ha censurato la notizia finché ha potuto – e così ha reso più grave il problema. Mercoledì ci sono state due morti per coronavirus nella città di Qom, ma sappiamo che la morte avviene molti giorni dopo i primi sintomi e quindi c’è stato di sicuro un intervallo di tempo del quale non conosciamo la lunghezza tra l’apparizione del virus in Iran e l’annuncio. Bizzarro no? A dare retta alle fonti iraniane di mercoledì, il Covid-19 in Iran avrebbe una mortalità del cento per cento. Due casi, due morti. Ma è chiaro che non è così. Dopo la conferma ufficiale dei decessi, c’è stata una accelerazione rapidissima degli aggiornamenti che può essere spiegata soltanto con il fatto che il contagio è in fase molto più avanzata di quello che ammettono le fonti ufficiali: in due giorni i morti sono già diventati quattro, i casi di coronavirus totali sono diventati diciotto e Minou Mohrez, funzionario del ministero della Salute iraniano, dice all’agenzia di stato Irna che “il virus è in sette città, ma potrebbe essere in tutte le città”.

In quattro giorni l’Iran è diventato il secondo paese per decessi da coronavirus dopo la Cina. Il ministero della Sanità turco dice che i casi sospetti di coronavirus in Iran sono 750 e che i morti sono cinque. Altre fonti che non sono verificabili danno numeri di decessi più alti, attorno a venti, ma appunto non sono verificabili. Se ci fosse libertà di stampa si potrebbe avere un quadro più preciso, ma è sufficiente ricordare che a gennaio la notizia dell’abbattimento per errore di un aereo passeggeri con 176 persone a bordo è stata negata ufficialmente per tre giorni e infine ammessa quando le prove sono diventate troppo schiaccianti.

    

Il governo dell’Iran teneva molto al “voto” di ieri e ha cercato in ogni modo di alzare l’affluenza degli elettori ai seggi – perché così può dire che il sistema autoritario è legittimato dalla volontà popolare. In realtà migliaia di candidati sono eliminati dalla lista degli eleggibili in via preventiva dalla selezione di regime e almeno settanta parlamentari già eletti non possono più ricandidarsi perché durante il mandato appena finito si sono dimostrati troppo poco allineati. Tuttavia negli ultimi giorni il regime non poteva più nascondere quello che succedeva negli ospedali, la presenza dei cordoni di militari, la chiusura di scuole e università in certe aree, le misure improvvise per disinfettare i trasporti pubblici e la creazione di zone per la quarantena. Sui social circola la foto di un messaggio scritto a mano – da un supposto “funzionario dell’intelligence” – che spiega che il coronavirus è arrivato in Iran e che il contagio è cominciato ma il governo non vuole farlo sapere. È di martedì 4 febbraio, quindi due settimane prima dei primi due decessi. È possibile verificare che si trattava di un messaggio di allarme autentico? No. I tempi sono compatibili? Sì.

   

Le prime due morti per Covid-19 in Iran sono avvenute nella città santa di Qom, dove ci sono molti lavoratori cinesi. Ieri il ministero della Salute del Libano ha annunciato il primo caso di coronavirus nel paese. È una donna di 45 anni appena tornata da un pellegrinaggio a Qom a bordo di un aereo con molti altri pellegrini e altri due passeggeri sono già sotto sorveglianza. Il Kuwait giovedì ha bloccato i voli dall’Iran. L’Iraq ha chiuso il confine che condivide con l’Iran – una misura molto seria considerati i rapporti commerciali molto importanti. In Canada una donna appena tornata dall’Iran – con un lungo volo internazionale – è diventata il sesto caso di coronavirus nel paese.

   

Oltre al fatto che il regime ha coperto la fase iniziale del contagio e quindi ha reso più difficile il contenimento per tutti gli altri, c’è il problema che l’Iran è un paese più arretrato della Cina e quindi molto meno preparato ad affrontare una emergenza sanitaria e a sbarrare la strada alla diffusione del virus. È possibile che ci siano già stati decessi per Covid-19 che però non sono stati registrati come tali perché le strutture locali non erano in grado di fare gli esami necessari.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)