Il “colpo del secolo” dell'intelligence americana e le false equivalenze morali

Crypto, l'azienda svizzera che per decenni ha permesso alla Cia di leggere le comunicazioni crittografate di alleati e avversari. Un gran pezzo del Wapo e gli scrupoli delle spie

Eugenio Cau

Milano. Il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo sul coinvolgimento della Cia e della Nsa, le agenzie d’intelligence americane, così come della Bnd, l’agenzia d’intelligence dell’allora Germania dell’ovest, nell’attività di Crypto AG, un’azienda svizzera con sede a Zug che produceva macchinari per la crittografia delle comunicazioni. Crypto vendeva dispositivi crittografici, che usavano algoritmi per rendere incomprensibili le comunicazioni a chi non avesse la chiave per leggere il codice. I suoi clienti erano i governi di mezzo mondo, oltre che banche e grandi istituzioni, convinti che con le macchine di Crypto sarebbero riusciti a comunicare a distanza in maniera protetta. Ma secondo due serie di documenti prodotte rispettivamente dalla Cia e dalla Bnd, a partire dagli anni Sessanta Crypto ha venduto a decine di stati macchine per la crittografia delle comunicazioni che in realtà erano state manomesse, e che consentivano a Washington e a Bonn di leggere le comunicazioni riservate di quei paesi. Nel 1970, infine, Cia e Bnd acquistarono l’azienda, mantenendo la proprietà celata ai dipendenti e a tutto il management con l’eccezione di poche figure apicali. Il report della Cia dice che fu il “colpo d’intelligence del secolo”: i nemici dell’America (e qualche alleato) si trovarono per decenni a comprare sistemi per scambiarsi segreti da un’azienda svizzera che era di proprietà del governo americano e di quello federale tedesco.

  

  

L’articolo del Washington Post è stato scritto da Greg Miller, reporter due volte vincitore del premio Pulitzer, che con questo scoop si candida probabilmente a vincerne un altro. Il racconto è pieno di colpi di scena, come quando il presidente Reagan quasi rivelò l’operazione della Cia dando informazioni troppo dettagliate su un attacco terroristico della Libia a Berlino, informazioni ottenute perché trasmesse su macchine di Crypto manomesse. Tra i clienti di Crypto c’era anche il governo italiano, che si sbarazzò di tutte le macchine negli anni Novanta quando alcuni sospetti vennero pubblicati dai media, e anche il Vaticano: nel 1989, gli americani seppero che Noriega, il dittatore panamense in fuga, si era rifugiato nella nunziatura apostolica del paese perché dalla missione inviarono messaggi in Vaticano usando dispositivi di Crypto. La storia è anche piena di intrighi, specie quelli usati dalle due agenzie d’intelligence per celare la loro presenza ai dipendenti di Crypto, specie gli scienziati e gli esperti di crittografia, ignari ma sospettosi del fatto che l’azienda vendesse sistemi pieni di buchi e di algoritmi deboli.

  

I tedeschi uscirono dall’operazione negli anni Novanta, dopo la riunificazione delle due Germanie, mentre gli americani proseguirono con la raccolta di dati per un paio di decenni, fino a che nel 2018 non smembrarono Crypto, i cui dispositivi erano ormai obsoleti e la vendettero a due compagnie private, che adesso sostengono di non avere niente a che fare con l’intelligence.

  

  

Ora, c’è un caso particolare che torna in mente quando si legge l’articolo del WaPo (e che effettivamente lo stesso Miller cita): negli ultimi anni si è parlato moltissimo di un’altra azienda con presunti e sempre smentiti legami governativi che cerca di vendere in mezzo mondo dispositivi di comunicazione sensibili. L’azienda è Huawei, il governo è quello del Partito comunista cinese, e questa volta Washington fa la parte opposta: tenta di dissuadere i governi dall’utilizzare un fornitore non affidabile. Certo, tra crittografia e telecomunicazioni 5G c’è una bella differenza, e finora non ci sono prove di nessuno sgarro da parte di Huawei (anche se ieri il Wall Street Journal ha scritto che l’intelligence americana è a conoscenza di una backdoor nei sistemi Huawei; l’azienda smentisce). Ma viene facile, a questo punto, fare un’equivalenza tecnica che diventa anche morale: gli americani spiano, i cinesi spiano, tutti spiano, perché mai dovremmo fidarci di uno piuttosto che dell’altro? A un certo punto, in un carteggio con la Cia, gli agenti tedeschi della Bdn dicono: “Nel mondo dell’intelligence non ci sono amici”. E’ vero. Ma ci sono alleati e avversari, e soprattutto ci sono governi democratici e regimi autoritari e violenti. L’America, benché di recente in cattivo stato, è una cosa, il Partito comunista cinese è un’altra. Il mondo dell’intelligence si fa pochi scrupoli, ma le equivalenze morali non valgono nemmeno lì.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.