Il Consiglio d'Europa di Strasburgo

Perché la Russia tiene molto al posto nel Consiglio d'Europa

Micol Flammini

I pro e i contro del reinserimento di Mosca nell'organizzazione da cui era stata cacciata. La storia di una spia: Valeri Levitski

Roma. E’ Strasburgo la città delle spie, dice il Monde. E’ tra la Francia e la Germania, cosmopolita, piena di persone e di istituzioni, è il posto in cui le spie meglio si confondono e meglio lavorano. Il Consiglio d’Europa, che ieri ha aperto la sua sessione estiva con una delle votazioni più significative e delicate degli ultimi anni, reintrodurre o meno la Russia all’assemblea, potrebbe apparire un posto secondario, destinato a discussioni che poco interessano la politica. Invece, con i quarantasette paesi che ne fanno parte, e lo status diplomatico dei suoi funzionari – è l’unico posto in cui anche la polizia francese deve lasciare le armi all’ingresso prima di entrare – interessa i servizi di spionaggio e la Francia lo ha scoperto quasi per caso. Tutto ruota attorno a un nome, racconta il Monde, che con le sue inchieste ha scoperto che ogni angolo della nazione raccontava storie di spie, un nome quasi sconosciuto: Valeri Levitski. Levitski era stato nominato console generale a Strasburgo nel 2015, la Francia lo ha espulso dopo tre anni, pochi mesi dopo il caso Skripal, come gesto di solidarietà nei confronti di Londra ma anche perché il controspionaggio francese aveva scoperto che il diplomatico passava informazioni al Gru, l’intelligence militare russa alla quale appartengono anche le due spie accusate di aver avvelenato Sergei Skripal e sua figlia a nella cittadina britannica di Salisbury. Il primo aprile Levitski era stato messo su un aereo per Mosca, con lui altri tre diplomatici, ma si era trattato di un atto di solidarietà nei confronti di Londra, nulla di più, ancora non era venuta fuori la storia della spia che frequentando un ambiente quasi anonimo, tra una commemorazione, una presentazione e un gemellaggio lasciava entrare al Consiglio d’Europa agenti segreti e informazioni. A Strasburgo diplomatici e spie sono meno controllati che altrove e il Consiglio, ritenuto di secondo piano, è spesso meno controllato, eppure è il posto ideale per ottenere informazioni, vi lavorano 2.300 persone, funzionari dei 47 stati che godono dell’immunità diplomatica, il ruolo di Levitski è stato quello di permettere alle spie di avere accesso a informazioni riservate, o a persone difficili da contattare o da raggiungere. Era anche impegnato in attività di influenza e raccolta di informazioni con diplomatici di alto livello.

 

Prima di lavorare in Francia, l’ex console lavorava a Mosca, si occupava dell’Amministrazione generale della Duma come vicedirettore dell’Ufficio internazionale di cooperazione, anche allora si occupava di mantenere le relazioni con il Consiglio d’Europa, quando intratteneva rapporti con gli osservatori per i diritti umani che arrivavano in Inguscezia. L’Inguscezia è una zona delicata in Russia, teatro di una guerra latente tra le forze di sicurezza russe e la guerriglia islamica. Le forze russe sono accusate di compiere degli abusi contro la popolazione islamica e i genitori di alcuni ragazzi scomparsi durante le manifestazioni hanno fatto appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Levitski ha scortato gli osservatori, ha monitorato gli incontri con gli attivisti, è stato l’occhio del Gru e la guardia del Cremlino. Poi qualche anno dopo, nel 2013, ha assistito all’incontro tra il patriarca ortodosso Kirill e il segretario generale del Consiglio d’Europa, il norvegese Thorbjorn Jagland, da tempo quindi Mosca preparava il suo arrivo a Strasburgo, pronto a mettere l’attenzione su un posto di solito poco considerato. Un investimento a lungo termine, scrive il Monde, come la cultura dell’intelligence russa insegna.

 

Quando poi arriva nella città alsaziana nel 2015 ha già i suoi punti di riferimento, i suoi contatti, ha uno stretto rapporto anche con Jagland, che è stato rieletto nel 2014 segretario generale. La sua presenza era tanto più importante al Consiglio d’Europa dal 2014, quando Mosca è stata sanzionata dopo il referendum in Crimea e l’annessione della penisola. Da quel momento la Russia ha smesso di pagare la sua quota annuale e gli altri stati si sono trovati di fronte alla necessità di prendere una decisione: lasciare la Russia fuori dall’istituzione e negare ai cittadini russi la possibilità di ricorrere a uno strumento democratico come la Corte europea dei diritti dell’uomo, oppure reintrodurre Mosca alle sue condizioni rischiando così di screditare l’istituzione? Tra le altre l’Italia, la Germania e la Francia, ieri il premier russo Dmitri Medvedev era a Parigi per incontrare Emmanuel Macron, sono a favore della ripresa del dialogo, “se non riportiamo la Russia al Consiglio, riduciamo la nostra rappresentatività”, ha detto in aula Piero Fassino. Non la pensano così gli ucraini, o i georgiani: “Votando sì, perdonerete la Russia, le perdonerete anche l’abbattimento del volo Mh17”, ha detto il georgiano Georgi Kandelaki.

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