Luigi Di Maio a Bengasi (foto LaPresse)

Di Maio fa su e giù dalla Libia ma a Tripoli si spara ancora

Luca Gambardella

In poche ore il ministro incontra Haftar, Serraj e Le Drian. Ma a poche ore dalla risoluzione Onu sul cessate il fuoco e nonostante le rassicurazioni di tutti i risultati sul terreno sono pochi

Roma. Ieri mattina, mentre il generale Khalifa Haftar incontrava il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Bengasi per rinnovare il suo impegno per un cessate il fuoco, il portavoce del governo nazionale di Tripoli denunciava nuovi bombardamenti alla periferia della città. Solo poche ore prima, mercoledì, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aveva votato (con la sola astensione della Russia) una risoluzione significativa – la prima dall’avvio dell’offensiva di Haftar verso Tripoli, che risale all’aprile dell’anno scorso – in cui si chiedeva una tregua e uno stop immediato alle forniture di armi ai due schieramenti in Libia. Ma nonostante le dichiarazioni di intenti di tutti gli attori coinvolti, gli scontri nel paese non accennano a fermarsi. Nell’incontro avuto con Di Maio, Haftar ha offerto la sua disponibilità a interrompere le azioni militari e a riprendere il dialogo 5+5 con la controparte di Tripoli per raggiungere una tregua. Sul blocco della produzione del greggio in Cirenaica, il generale ha detto di essere “pronto a trovare una soluzione”, riferisce una fonte vicina a Di Maio. Quello del petrolio è ovviamente un punto molto delicato per l’Italia: “In questo modo si affama solo la popolazione libica e poi noi abbiamo l’Eni, ci sono anche i nostri interessi”, continuano dalla Farnesina.

 

 

Insomma, l’Italia tenta a fatica di tornare in gioco in Libia. Ieri, su Facebook, Di Maio ha espresso soddisfazione per i passi avanti compiuti: “Non esitai a dire all’inizio del mio mandato alla Farnesina che era stato perso del terreno in Libia, oggi però è altrettanto doveroso dire che qualcosa è stato recuperato”. L’attivismo di Di Maio ha portato a una fitta rete di incontri diplomatici nel giro di pochi giorni. Prima ancora di incontrare Haftar, mercoledì il ministro era volato a Tripoli per parlare di immigrazione e petrolio con il presidente del governo di accordo nazionale libico, Fayez al Serraj, e con il ministro dell’Interno, Fathi Bashaga. E martedì, Di Maio aveva cenato a Parigi con il suo omologo francese Jean-Yves Le Drian a Parigi. La convinzione del capo della diplomazia italiana è e resta che “l’Italia debba parlare attivamente con tutti”, dicono fonti della Farnesina: dai turchi agli egiziani, dagli americani ai russi, fino agli emiratini. Ma nonostante gli sforzi profusi e le promesse raccolte, i risultati restano finora scarsi: il blocco delle infrastrutture petrolifere in Cirenaica, l’embargo eluso da turchi ed emiratini, il mancato accordo sul cessate il fuoco restano tutti nodi irrisolti. I prossimi appuntamenti nell’agenda di Di Maio sono la Conferenza di Monaco (domenica) e il consiglio dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles (lunedì).

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.